tag:blogger.com,1999:blog-39860394360976711222024-02-19T05:26:23.991+01:00Psicologo Roma AvezzanoIl Dott. Riccardo Cicchetti riceve presso gli studi di psicologia a Roma e Avezzano. Effettua servizio di consulenza psicologica online. Esperto nel trattamento di Ansia, Attacchi di Panico, problemi relazionali, disfunzioni sessuali e situazioni di disagio specifico. Si occupa di gestione dello stress, tecniche di rilassamento e autostima.Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comBlogger31125tag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-57025491364755817002020-03-22T17:57:00.000+01:002020-04-06T18:53:30.238+02:00GLI EFFETTI DELLA QUARANTENA SULLA SALUTE FISICA E MENTALE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhr4au56QYWwQDtjx263JAcrqWHtNHClEShJmCf7gpHRuiTL0U0jU5kKNEV08o1625wOZBYNYVwoAhBrUtAxNdpDbxlQBK5xIkO-JDctxVbvWVJcRXDmizFZh3zgJWYlvP0ZkB0V7Bu9ro/s1600/effetti+psicologici+della+quarantena.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1600" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhr4au56QYWwQDtjx263JAcrqWHtNHClEShJmCf7gpHRuiTL0U0jU5kKNEV08o1625wOZBYNYVwoAhBrUtAxNdpDbxlQBK5xIkO-JDctxVbvWVJcRXDmizFZh3zgJWYlvP0ZkB0V7Bu9ro/s320/effetti+psicologici+della+quarantena.png" width="320" /></a></div>
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A seguito della diffusione del nuovo Coronavirus (Sars-CoV-2), i governatori dei vari Paesi invitano la popolazione a restare a casa. Ma quali sono gli effetti psicologici della quarantena e del distanziamento sociale?<span id="goog_544093218"></span><br />
Dopo la chiusura delle scuole e di molte attività commerciali, sono stati chiusi spazi pubblici, parchi e luoghi ricreativi. Sono vietati gli assembramenti e tutti gli spostamenti non indispensabili e la maggior parte delle persone vive isolata in casa.<br />
Si tratta di misure che i Governi adottano con lo scopo di distribuire le infezioni su un arco temporale più lungo. In questo modo si cerca di evitare che il Sistema Sanitario collassi e guadagnare tempo in attesa di nuove terapie.<br />
Tuttavia le misure di distanziamento sociale, per quanto considerate necessarie, hanno degli effetti psicologici negativi sulle persone, sia nel breve che nel lungo periodo.<br />
Il bisogno di relazione è un istinto profondamente radicato nell’evoluzione umana. La repressione di tale bisogno genera una condizione innaturale che mette a dura prova l’equilibrio biologico, psicologico e sociale degli esseri umani.<br />
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<b><br /></b><b>Gli effetti negativi del distanziamento sociale</b></h2>
Periodi prolungati di isolamento sociale possono aumentare il rischio di alcuni disturbi, tra cui le <b>malattie cardiovascolari</b>, la <b>depressione</b> e la <b>demenza</b>, e, alla lunga, anche della mortalità.<br />
Da un’<a href="https://www.sciencemag.org/news/2020/03/we-are-social-species-how-will-social-distancing-affect-us" target="_blank">analisi della Letteratura scientifica del 2015</a>, condotta da Julianne Holt-Lunstad, psicologa e ricercatrice alla Brigham Young University, è emerso che un isolamento sociale cronico potrebbe <b>aumentare il rischio di mortalità del 29%</b>.<br />
Gli studi della psicologa statunitense hanno evidenziato una correlazione tra la connessione sociale percepita e la risposta allo stress: <b>le persone che sanno di avere qualcuno su cui contare rispondono in modo più resiliente allo stress</b>, smorzandone gli effetti negativi sulla propria salute.<br />
Questi risultati sono in linea con gli studi condotti già negli anni 80 in cui si evidenziava come le persone con un alto grado di integrazione sociale presentavano un basso tasso di mortalità (House et al., 1988)<br />
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<b><br /></b><b>Gli effetti psicologici della quarantena</b></h2>
Come abbiamo visto il distanziamento sociale può avere delle ripercussioni negative sulla salute. Vediamo allora quali possono essere gli effetti psicologi per le persone sottoposte a provvedimento di quarantena.<br />
Ad oggi si tratta di un provvedimento che coinvolge chi è positivo al coronavirus, chi è stato a contatto con una persona infetta o proviene da una zona ad alto contagio.<br />
Chi è sottoposto a uno stato di quarantena, oltre a doversi confrontare con una totale privazione di libertà, deve gestire la paura della malattia, la perdita dell'autonomia, le preoccupazioni economiche e, non ultimo, lo stigma sociale.<br />
Recentemente la rivista medica The Lancet ha pubblicato un’<a href="https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30460-8/fulltext" target="_blank">analisi di oltre venti studi sulla quarantena</a> relativi alle epidemie di Sars, Mers, Ebola e altre malattie, dove vengono analizzati in rassegna tutti gli effetti psicologici conseguenti ad uno stato di quarantena.<br />
I risultati indicano che gli effetti psicologici negativi a seguito della quarantena sono molteplici: sintomi del <b>disturbo post-traumatico da stress</b>, <b>disorientamento</b>, <b>rabbia</b>, <b>insonnia</b>, <b>angoscia</b>, <b>depressione</b>, <b>esaurimento emotivo</b>.<br />
Anche una volta cessata la quarantena e conclusa l’epidemia, <b>le persone possono mantenere dei comportamenti tipici del periodo dell’emergenza</b>: un’attenzione eccessiva al lavaggio delle mani; la tendenza a evitare spazi pubblici e luoghi chiusi e affollati; evitamento e paura nei confronti di persone con tosse o raffreddore.<br />
Delle ricerche sulla Sars hanno osservato che, nei mesi successivi alla fine dell’epidemia, alcuni degli operatori sanitari che erano stati a contatto con persone contagiate riducevano al minimo il contatto con i pazienti e, a distanza di tre anni, manifestavano i sintomi dell’abuso e/o dipendenza da alcol.<br />
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<b><br /></b><b>Come prevenire i danni</b></h2>
Come si possono prevenire gli effetti psicologici negativi della quarantena e del distanziamento sociale?<br />
Se il virus colpisce maggiormente malati e anziani, lo stress risulta più dannoso per le persone psicologicamente più deboli.<br />
Non tutti sanno gestire e affrontare gli eventi stressanti mantenendo lo stesso livello di equilibrio mentale. Inoltre per molte persone gli effetti psicologici negativi della quarantena possono permanere nel tempo, anche oltre il periodo di isolamento.<br />
Va da sé che <b>un intervento di prevenzione psicologica aumenterebbe di base i livelli di <a href="http://www.studioclinico.it/2014/12/come-aumentare-la-tua-resilienza.html#more" target="_blank">resilienza</a> individuali e collettivi</b>, prima di ogni epidemia.<br />
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<strong>Il valore del sostegno sociale</strong></h2>
Anche in situazioni già estreme, l’essere umano può reagire in maniera efficace. Gli studi sui prigionieri di guerra hanno dimostrato come il loro <b>attaccamento alla vita</b> sia stato fondamentale per la tutela della loro salute mentale. Inoltre la speranza e l’ottimismo aumentavano ogni volta che i prigionieri riuscivano ad avere contatti tra di loro e a infondersi coraggio a vicenda.<br />
Ma come si fa ad incrementare il livello di socialità quando ci viene chiesto di stare distanti?<br />
Oggi un aiuto per diminuire gli effetti del distanziamento sociale e dell’isolamento forzato viene dalla tecnologia, grazie agli <b>strumenti di comunicazione a distanza</b>.<br />
In particolare strumenti come Skype, WhatsApp, FaceTime e altre applicazioni permettono di rimanere in contatto e di interagire anche visivamente con familiari, amici e colleghi. Queste modalità di interazione <b>aumentano la percezione del sostegno sociale e diminuiscono il senso di solitudine e smarrimento</b>.<br />
Va però specificato che per contenere gli effetti psicologici negativi di una quarantena il solo canale di comunicazione potrebbe non bastare, dal momento che una variabile fondamentale è rappresentata dalla <b>qualità della relazione</b> stessa. Avere tante relazioni infatti non significa necessariamente trarne beneficio. Un confronto efficace richiede che dall’altro lato del terminale debba esserci <b>una persona che sia in grado di contenere le nostre ansie e le nostre paure</b> o quantomeno rendere possibile l’alternanza dei ruoli dove ci si sfoga e ci si consola a vicenda.<br />
Confrontarci con una persona inconsolabile, tormentata dal panico, bisognosa di sfogarsi e incapace di ascoltare, rischia solo di farci perdere ulteriori energie preziose.<br />
Senza contare che <b>il panico può essere più contagioso del virus</b>.<br />
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L'importanza di un ascolto qualificato</h2>
In queste situazioni sarebbe ideale avvalersi di un <b>ascolto qualificato</b>. Diversi psicologi da anni eseguono <b><a href="http://www.studioclinico.it/p/vantaggi-della-consulenza-psicologica.html" target="_blank">prestazioni psicologiche a distanza</a></b>, attraverso consulenze online e/o telefoniche.<br />
L’efficacia della consulenza psicologica a distanza è ormai comprovata da diversi studi (Griffiths et al., 2004; Barak et al., 2008) che mostrano come servizi di consulenza online non solo facilitino la spontaneità (Day & Schneider, 2002), ma risultino efficaci nella promozione del benessere psicologico (Manicavasagar et al., 2014), e portino ad un miglioramento psico-emotivo della persona (Mallen et al., 2005).<br />
Le prestazioni sanitarie a distanza presentano notevoli vantaggi in termini di riduzione di tempi, costi e impatto ambientale, evitando gli spostamenti.<br />
In una situazione di isolamento forzato o di quarantena inoltre rappresentano il trattamento psicologico più sicuro, <b>riducendo a zero ogni rischio di contagio</b>.<br />
Certamente il tabù rispetto alla figura dello psicologo è ancora diffuso nel nostro Paese. A questo si accompagna anche lo scetticismo e l’imbarazzo per una consulenza a distanza (fenomeno che invece non si riscontra per la “telemedicina”).<br />
A tal proposito riporto un estratto del “Vademecum psicologico Coronavirus per i cittadini” elaborato e diffuso dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi.<br />
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<i>Non ti vergognare di chiedere aiuto</i></h2>
<i></i><i>Se pensi che la tua paura ed ansia siano eccessive e ti creano disagio, non avere timore di parlarne e di chiedere aiuto ad un professionista.</i> Gli Psicologi conoscono questi problemi e possono aiutarti in modo competente.<br />
<i>Tutti possiamo avere necessità, in certi momenti o situazioni, di un confronto, una consulenza, un sostegno, anche solo per avere le idee più chiare su ciò che proviamo e gestire meglio le nostre emozioni, e questo non ci deve far sentire “deboli”.</i><br />
<i>Non è debole chi chiede aiuto per aumentare le proprie risorse e quelle dei suoi cari</i>.<br />
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-5181139260517121332020-03-17T11:11:00.000+01:002020-03-17T11:12:31.455+01:00IL RITORNO DEGLI EX AL TEMPO DEL CORONAVIRUS<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXf5N_8zPPC4bDLmWomdBNUPwnir73Kb2Y4ZHwubhrPGaCBR1INiZ9N1m9f7_VR3US-hayCYGA8kMUzmPNQGn8GrEIQUOj2RZVGfSRYrBtnCApbkQjiLPS_Uzrrj61BkAVyBJyoA_O6Yk/s1600/ritorno+dell+ex+al+tempo+del+coronavirus+riccardo+cicchetti+psicologo+online.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXf5N_8zPPC4bDLmWomdBNUPwnir73Kb2Y4ZHwubhrPGaCBR1INiZ9N1m9f7_VR3US-hayCYGA8kMUzmPNQGn8GrEIQUOj2RZVGfSRYrBtnCApbkQjiLPS_Uzrrj61BkAVyBJyoA_O6Yk/s320/ritorno+dell+ex+al+tempo+del+coronavirus+riccardo+cicchetti+psicologo+online.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
"In questi momenti dove il mondo sta per finire, ho riflettuto sulle cose davvero importanti della mia vita... e ho capito che la cosa più importante sei tu!".<br />
È grossomodo questo il messaggio che diverse donne stanno ricevendo dai loro ex in questi giorni.<br />
<br />
Si tratta di relazioni tossiche e improduttive, che avevano richiesto molto tempo per essere elaborate, concluse e lasciate alle spalle.<br />
Ma gli ex amanti, soprattutto se narcisisti, tornano sempre.<br />
E quale occasione migliore di una pandemia per tornare sul cavallo bianco a salvare la principessa? Quale occasione più ghiotta per vendere sogni e promesse?<br />
<br />
Dall'altro lato, per quanto la donna possa essere stata forte e consapevole nel prendere e mantenere la sua decisione, non è immune alla paura della catastrofe imminente e si trova in una condizione di vulnerabilità straordinaria.<br />
In altre circostanze avrebbe saputo riconoscere il vuoto della proposta relazionale ma adesso no. Adesso è distratta da un pericolo più grande.<br />
<br />
In questa situazione è facile tornare a credere a una vecchia promessa.<br />
<br />
Peccato che la promessa sia falsa.<br />
Si potrebbe tradurre con un più pertinente:<br />
"In questi momenti, dove potrei perdere tutto e ho paura di morire da solo, ho deciso di riaggrapparmi a te, nonostante ti avessi promesso che ti avrei lasciata in pace".<br />
<br />
Non tutti nei periodi di difficoltà riconoscono le cose più importanti. Alcuni semplicemente <br />
<a name='more'></a>regrediscono perché non sanno tollerare la frustrazione.<br />
Ecco allora che un improvviso ritorno di fiamma non è tanto il frutto di una profonda ricerca introspettiva, quanto piuttosto una superficiale necessità di rispondere a un senso di abbandono, dettato dalle condizioni ambientali avverse.<br />
E questo purtroppo vale sia per il "corteggiatore" che per la "preda".<br />
<br />
L'emergenza, la catastrofe imminente, la fine del mondo, il Titanic che affonda sono l'humus ideale su cui far attecchire la più falsa e pericolosa delle illusioni: la convinzione che tornando in coppia si potrà sopravvivere meglio.<br />
<br />
Non c'è bisogno di un pericolo esterno per scegliersi e stare bene insieme.<br />
Se abbiamo bisogno della fine del mondo per "capire" che amiamo una persona, vuol dire che non la abbiamo mai amata davvero.Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-81150764882136987812017-12-03T15:54:00.000+01:002017-12-03T16:27:36.760+01:00Perché i ragazzi preferiscono le donne mature?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitjRmq6iCiwTlbgaiNs9bv7bJycArH3OkWSy3F-eGx1PGGMDeUbYjZtyTAeiSvYZzoAsp2ONJZCJSpR0sa2VXYaOeVoMsP9x0SUFLv2wkEnpAL0BA28AgBUn9A0_O3xrqJiSJ49MZxRvc/s1600/perch%25C3%25A9+i+ragazzi+preferiscono+le+donne+mature+-+riccardo+cicchetti+psicologo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="346" data-original-width="500" height="276" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitjRmq6iCiwTlbgaiNs9bv7bJycArH3OkWSy3F-eGx1PGGMDeUbYjZtyTAeiSvYZzoAsp2ONJZCJSpR0sa2VXYaOeVoMsP9x0SUFLv2wkEnpAL0BA28AgBUn9A0_O3xrqJiSJ49MZxRvc/s400/perch%25C3%25A9+i+ragazzi+preferiscono+le+donne+mature+-+riccardo+cicchetti+psicologo.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #eeeeee;">Se ormai siamo abituati a vedere donne giovani e belle accomapagnate da uomini marcatamente più grandi di loro, dobbiamo riconoscere che abbiamo ancora qualche resistenza ad accettare coppie formate da giovani ragazzi e donne un po' sfiorite e avanti con gli anni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">I primi a sdoganare questa tendenza sono stati personaggi famosi, che si sono mostrati in pubblico con naturalezza e disinvoltura e, contro ogni pregiudizio, hanno ottenuto l'approvazione del pubblico e dei media.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Si tratta di un notevole progresso culturale se pensiamo che fino a qualche anno fa (ma ancora oggi in alcune zone d'Italia) era forte lo stereotipo della ragazza che doveva "sistemarsi" trovando un marito che si occupasse di lei, e con cui mettere su famiglia. Le donne separate erano mal viste, poiché considerate incapaci di "tenersi un uomo", al punto che non potevano nemmeno sperare di amare e desiderare ancora.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Anche le esperienze sessuali femminili venivano demonizzate, in quanto era diffusa la convinzione che la donna dovesse arrivare illibata al matrimonio.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Alcuni stereotipi sessisti sono ancora molto forti, ma possiamo ugualmente affermare che la donna ha conquistato la libertà di occuparsi dei propri bisogni.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Ciò che in passato veniva considerato un difetto oggi viene apprezzato e valorizzato. </span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Ultimamente sono sempre di più i giovani uomini che hanno relazioni con donne più adulte.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #eeeeee;">Perché questo fenomeno? Cosa hanno di speciale le donne mature? Cosa cercano gli uomini nelle donne più grandi?</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">La risposta si può riassumere in tre punti:</span><br />
<a name='more'></a><span style="color: #eeeeee;"> sicurezza, esperienza e indipendenza.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;"><b>Sicurezza</b></span><br />
<span style="color: #eeeeee;">E' risaputo che l'autostima è un fattore determinante nella percezione della bellezza, poiché il corpo riflette la nostra immagine interiore.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Per una ragazza giovane è meno facile accettare il proprio corpo e confrontarsi con un ragazzo senza riversare nel rapporto pudori e insicurezze.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Una donna matura è una persona che ha già combattuto le sue battaglie e superato i conflitti interiori; ha le idee chiare su cosa volere dalla vita, è consapevole del suo fascino e trasmette bellezza e fiducia in sé stessa.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Per questo le donne sono più avvenenti anche in età avanzata, tanto che alcuni sessuologi sostengono che il pieno fascino femminile si realizzi a partire dai 40 anni.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">La maggior parte dei maschi apprezza maggiormente la donna che non ha bisogno di soffocare il partner con continue richieste di conferme.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;"><b>Esperienza</b></span><br />
<span style="color: #eeeeee;">L'esperienza nei rapporti interpersonali facilita le dinamiche di incontro.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Una donna matura sa gestire meglio le sue paure e sa essere più diretta nell'approccio. Se prova attrazione per qualcuno, non solo riesce a comunicare chiaramente di gradire il corteggiamento ma è anche in grado di fare la prima mossa, seducendo e corteggiando a sua volta.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Allo stesso modo sa far capire con gentilezza ed eleganza quando non è interessata.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Avere esperienza significa inoltre saper intrattenere una conversazione ricca e stimolante sul piano intellettuale.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">La donna ha avuto la possibilità di vedere e fare più cose, e ha raccolto nel tempo un bagaglio di conoscenze in diversi campi.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Gli uomini non sono attratti dal solo aspetto fisico. Anche la cultura e l'intelligenza possono avere un ruolo determinante nel destare interesse e desiderio.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Infine è idea comune ritenere che una donna matura abbia più esperienza sessuale ma questo, come vedremo più avanti, è anche l'aspetto più delicato e controverso, che spesso crea fraintendimenti e rotture.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;"><b>Indipendenza</b></span><br />
<span style="color: #eeeeee;">L'indipendenza è una qualità universalmente apprezzata. </span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Una donna matura per essere felice non ha bisogno di un uomo che la accompagni ovunque; è perfettamente in grado di badare a sé stessa e soddisfare i propri bisogni.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Ciò fa sì che il partner, quando decide di fare qualcosa per lei, condivididendo tempo e attività, sia mosso da un sentimento sincero e senza forzature. Diverso sarebbe se lo facesse pensando di non avere altra scelta.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;"><b>FALSI MITI E NUOVI STEREOTIPI: MILF E COUGAR</b></span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Che significa MILF? Chi sono le Cougar?</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Si tratta di termini che sono stati sdoganati prevalentemente dall'industria del porno, fino a diventare delle vere e proprie categorie di genere.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">L'acronimo MILF compare per la priva volta al cinema con il film "American Pie" e si potrebbe tradurre elegantemente come "madre con cui vorrei fare sesso".</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Con il termine Cougar invece si fa riferimento a donne sopra i 40 anni che prediligono la compagnia di uomini più giovani. A differenza della Milf la Cougar avrebbe un istinto predatorio più spiccato che la rende più attiva nel corteggiamento. Cougar infatti significa puma, un felino elegante e deciso, ma anche affamato e divoratore.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Ovviamente si tratta di categorie che lasciano il tempo che trovano.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Come non si può ridurre il sesso alla pornografia, allo stesso modo non si può catalogare la complessità dell'universo femminile con delle simili etichette.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Eppure l'utilizzo di questi termini contribuisce ad alimentare stereotipi e false convinzioni sulle donne adulte, soprattutto per ciò che attiene alla sfera sessuale.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">La donna più grande viene vista come piu' esperta, disinvolta e vogliosa di sperimentare tutte le gioie del sesso.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Spesso sento parlare ragazzi che vorrebbero avere un'esperienza con una donna molto più grande. I giovani con queste idee non cercano legami a lungo termine né rapporti coinvolgenti e impegnativi, ma solo soddisfazioni sessuali.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Conquistare e possedere una donna adulta, madre di famiglia e con un matrimonio alle spalle, aumenta nel ragazzo il vissuto di trasgressione, conquista e potere.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">In un'ottica psicanalitica, la donna matura evoca nel ragazzo un senso di protezione materno, risvegliando nel giovane il suo complesso di Edipo. L'atto del possedere sessualmente la figura materna viene vissuto a livello inconscio come una rivalsa verso i conflitti familiari irrisolti.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;"><b>PUO' FUNZIONARE UNA RELAZIONE STABILE TRA UN RAGAZZO E UNA DONNA MATURA?</b></span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare che l'età anagrafica di per sé non rappresenta un fattore determinante.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Affinché un rapporto funzioni sono necessarie tre componenti fondamentali: intimità, passione e impegno (ne parlo in questo articolo: <a href="http://www.studioclinico.it/2016/02/la-formula-dell-amore-perfetto.html" target="_blank">La formula dell'amore perfetto</a>).</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Ciò che potrebbe rappresentare un ostacolo sono invece gli stereotipi che ruotano attorno a queste dinamiche. Una donna adulta potrebbe partire svantaggiata, perché, come abbiamo visto, nell'immaginario collettivo la sua figura è ancora fortemente legata all'idea di avventura e trasgressione sessuale.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Il ragazzo sarebbe spinto dalla fantasia di trovarsi avvolto in un abbraccio caldo e rassicurante di una donna sessualmente esperta, spregiudicata e sicura di sé.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Nel caso in cui queste aspettative venissero disattese, la donna andrebbe incontro ad un repentino abbandono.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Nel caso in cui le stesse aspettative venissero soddisfatte, rischierebbe di restare imprigionata nel ruolo della superdonna e non avrebbe modo di esprimere nella coppia i propri bisogni reali, restando di fatto intrappolata in una relazione per lei insoddisfacente e limitante.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Un altro rischio è rappresentato dal fatto che il ragazzo potrebbe sentirsi legittimato a non impegnarsi nel rapporto, delegando tutte le responsabilità alla donna. </span><br />
<span style="color: #eeeeee;">L'essere sempre il più piccolo all'interno della coppia potrebbe infatti indurlo in uno stato di regressione infantile, caratterizzato da capricci e fantasie di onnipotenza.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Fortunatamente la maturità non è una caratteristica legata al solo fattore anagrafico; ciò che fa la differenza sono le esperienze formative, i percorsi di crescita e i traguardi personali raggiunti fino a quel momento.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">Essere maturi significa saper riconoscere i problemi connessi alle relazioni, avere aspettative più realistiche e saper gestire in modo efficace i momenti di crisi.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Nella comunicazione di coppia è bene comprendere che non è necessario ribattere punto su punto ad ogni discussione perché non tutte le questioni hanno la stessa rilevanza.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Non è importante affermare la supremazia a tutti i costi e alcune volte le proprie ragioni posso passare in secondo piano in favore di un bene comune più grande.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">In una coppia matura non c'è spazio per la competizione perché si condividono i benefici della cooperazione.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Sono questi gli aspetti che consentono di intaprendere un percorso di coppia duraturo e di guardare nella stessa direzione.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;"><br /></span>
<span style="color: #eeeeee;">L'età di una donna non rappresenta un limite alla possibilità di rinascita e non c'è nulla di innaturale o patologico nell'innamorarsi di un uomo più giovane.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Una donna che ha dedicato gli anni migliori della sua vita a crescere figli senza l'aiuto del suo ex marito potrà trovare in una relazione con un giovane partner un'occasione di riscatto affettivo e sociale.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Una manager che ha sacrificato la sua vita a costruire una posizione di successo potrà sentirsi ancora luminosa e attraente, e potrà concedersi momenti di svago e leggerezza.</span><br />
<span style="color: #eeeeee;">Non importa quale sia la sua età o la sua estrazione sociale, se timida o disinibita: ogni donna, in fondo, desidera solo essere amata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;"><br /></span><span style="color: white;"><i>Dott. Riccardo Cicchetti</i></span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<br />
<div style="text-align: center;">
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<br /></div>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-54101384772411999962017-05-06T23:26:00.000+02:002020-04-06T18:58:31.304+02:00Come uscire da una relazione malata<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB2MJDA2KSVBUSi47r90mFVnkKgrAnqokuxoC4FZPdNrG1C-694cBtDqZ8L7BUCs0YuBRQKHn4WyIXVXxgmnTNMir6y98dpDbdgqPFVq9eAR_-XNn0D_AlwRNuBzBQGGTF3LiRLaRDUKU/s1600/Come+uscire+da+una+relazione+malata+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="248" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB2MJDA2KSVBUSi47r90mFVnkKgrAnqokuxoC4FZPdNrG1C-694cBtDqZ8L7BUCs0YuBRQKHn4WyIXVXxgmnTNMir6y98dpDbdgqPFVq9eAR_-XNn0D_AlwRNuBzBQGGTF3LiRLaRDUKU/s320/Come+uscire+da+una+relazione+malata+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Da quando vi frequentate sono ormai trascorsi mesi, anni.<br />La storia non è mai decollata. Quello che doveva essere l’inizio di una favola d’amore si è lentamente trasformato in una cruda e frustrante routine. <br /><br />Le sue promesse, le sue dichiarazioni d’amore e di buoni sentimenti, i suoi discorsi vuoti sono tutto ciò che rimane oltre al sesso.<br />Di tanto in tanto un gesto romantico, solo per darti un contentino, per tenerti “buona”, “a cuccia” e “disponibile”.<br />Per dimostrare che lui, se vuole, sa essere il principe azzurro che hai sempre desiderato.<br /><br />Ti invita a credere che siete fatti l’uno per l’altra, che tra di voi c’è un legame intimo e profondo che nessuno potrà mai rompere.<br />Tuttavia</span><br />
<a name='more'></a><span style="color: white;"> è sempre lui a gestire questo legame e a dettare i tempi e le condizioni del rapporto. <br />E’ lui che ha tutti i vantaggi nel tenerlo in piedi e cerca di convincerti che sia così anche per te.<br /> </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Per questo motivo teme che tu possa lasciarlo e si sentirà minacciato ogni volta che mostrerai interesse (anche solo di amicizia) verso qualcun altro. Si comporterà come un fidanzato geloso, spacciando gelosia e possesso per amore.<br />Tenderà a boicottare ogni tuo rapporto interpersonale con amici e amiche; ogni tuo nuovo interesse, passione o hobby che esuli dalla sua sfera di controllo.<br />Sa bene che, se ti lasciasse libera di guardarti intorno, prima o poi ti accorgeresti che “il re è nudo”; perciò utilizzerà ogni pretesto per restare al centro dei tuoi pensieri.<br /><br />Tu tendi a giustificarlo, raccontandoti che in realtà, a modo suo, ti ama.<br />Pensi che è un immaturo, un po’ maldestro nella sua irruenza e nelle sue continue richieste, pretese, limitazioni.<br />Pensi che, tutto sommato, a volte, ti fa anche tenerezza.<br />Pensi che potrai cambiarlo, guarirlo, migliorarlo.<br /><br />Ti illudi di avere ancora il controllo della tua vita, continui a ripeterti che puoi lasciarlo quando vuoi, eppure, ogni volta che ci hai provato, hai fallito e ti sei sentita persa.<br />Il mondo ti sembra privo di alternative valide e l’idea di ripartire da zero ti terrorizza.<br /><br />Arrivi così a commettere l’errore più grave, finendo col dire a te stessa:<br />“<i>In fondo va bene così. E’ quello che voglio anch’io</i>.”<br /><br />Senza rendertene conto, sei diventata ipercritica verso le coppie che vedi in giro, pensando che fingano, perché in realtà le coppie felici non esistono.<br /><br />Confondi la consapevolezza con la disillusione e restringi sempre di più il tuo raggio d’azione.<br />Hai perso entusiasmo, curiosità e senso di avventura nei confronti dei contesti e delle persone.<br />Hai sviluppato un atteggiamento intollerante, aggressivo e polemico.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;"><br /> </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Questa appena descritta è una relazione malata. <br />Se ti sei riconosciuta anche solo in qualche passaggio, sei già a buon punto:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: white;"><i>il primo passo per risolvere un problema è riconoscere di averne uno.</i></span></div>
<span style="color: white;"><br />Ma quali sono i passi successivi?<br /><br />Di seguito ti propongo alcune strategie efficaci che possono aiutarti a liberarti da una relazione malata.<br /><br />Frequenta persone che ti facciano sentire bene e, in ogni caso, non isolarti. Lui non è il tuo mondo e non gli devi alcuna dimostrazione di “appartenenza”.<br /><br />Dedicati ad hobby vecchi o nuovi in modo da occupare la mente in attività piacevoli e che ti possano distrarre. Evita i social network, quello non è un hobby.<br /><br />Prenditi cura di te. Coccolati e amati. Valorizza il tuo corpo e la tua immagine. Non significa “fatti bella per lui”.<br /><br />Gestisci meglio il tuo tempo. Si tratta di una risorsa preziosa, la più preziosa che hai. Il tempo sprecato con la persona sbagliata non potrai più averlo indietro.<br /><br />L’ultimo punto è il più difficile, ma è anche il più importante: taglia qualunque contatto con la persona con cui hai stretto la relazione malata. QUALUNQUE contatto.<br /><br />Lungo il percorso di “disintossicazione” potrà capitare di ricadere nella trappola della seduzione (lui non ti lascerà mai andare, ricordi?).<br />Non farne un dramma e non mollare. Il riavvicinamento è un fallimento momentaneo. Sono prove di fuga. È la dimostrazione che sei in grado di allontanarti dalla persona che ti fa stare male.<br /><br />Fai in modo che lo stare lontano da questa persona diventi un’abitudine. Solo così potrai davvero ritenerti libera.<br /><br />Non perdere mai di vista il tuo obiettivo: tu sei l’unica padrona della tua vita e sono le tue scelte a determinare il tuo destino e la possibilità di sentirti felice e realizzata.</span></div>
<span style="color: white;"><br /></span><span style="color: white;"><i>Dott. Riccardo Cicchetti</i></span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
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<div style="text-align: center;">
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<br />Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-50655779685416867982017-01-31T00:50:00.000+01:002017-01-31T00:50:03.153+01:00La scuola della vita<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh9lfRLBi5edP-TVBXAzt4LfocfGxX0231_AiI0WLZFvElgoqzSV6LEMRHlmevmwp_NV6iu69Y10pDOqElijdMG479sNJK0ank5hRh_U9BRxoSxpppShmYepNXbPGJd1TzwEy4LHBVvxU/s1600/La+scuola+della+vita+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh9lfRLBi5edP-TVBXAzt4LfocfGxX0231_AiI0WLZFvElgoqzSV6LEMRHlmevmwp_NV6iu69Y10pDOqElijdMG479sNJK0ank5hRh_U9BRxoSxpppShmYepNXbPGJd1TzwEy4LHBVvxU/s320/La+scuola+della+vita+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<span style="color: white;">Il mio vecchio professore di Tecniche del Colloquio Psicologico, durante una lezione, ci pose una domanda insolita:<br /><br />- Se uno psicologo sta al bar, che fa? -<br /><br />Le risposte furono tutte orientate alle tecniche da poco apprese:<br /><br />- Interpreta il linguaggio non verbale del barista! -<br />- Analizza le dinamiche di gruppo dei clienti! -<br />- Controlla i movimenti oculari del barista per sapere se sta mentendo! -<br />- La postura! Controlla la sua postura! -<br />- Analizza il setting: l’arredamento, l’illuminazione, la musica! -<br />- Cerca di valutare la soddisfazione dei clienti per capire se il bar è di qualità! -<br />- Studia le coppie sedute al tavolino! -<br />- Cerca di capire chi è depresso! -<br />- Vede se qualcuno soffre di attacchi di panico! -<br /><br />La risposta, a quel tempo, fu piuttosto deludente:</span><br />
<a name='more'></a><span style="color: white;"><br />- Se uno psicologo sta al bar, sta al bar. - <br /><br />Il professore ci stava spiegando una delle lezioni più difficili da apprendere: non importa quanto si possa conoscere a fondo una tecnica se non si sa quando applicarla.</span><br />
<span style="color: white;"><br />Tuttavia, ciò che non aveva considerato nemmeno il mio caro professore, è che lo psicologo può permettersi di starsene “a riposo” in un bar solo se resta in incognito, altrimenti verrà verosimilmente bersagliato da domande disorganizzate e incalzanti dalle quali difficilmente potrà sottrarsi senza apparire scortese.<br />Se questo può accadere al bar, figuriamoci ad una cena “allargata” di amici. A quel punto dovremmo mettere in conto che, seduto di fronte a noi, potrebbe ritrovarsi chiunque.<br /> </span><br />
<span style="color: white;">- Te invece che lavoro fai? -<br />- Lo psicologo. -<br />- No! Ma che me stai a di’?! -<br />- Vero. -<br />- Ma lo sai che me l’ero immaginato? Co’ ‘sta faccia pulita, tutto precisino… Te la posso fa’ ‘na domanda? Secondo me gli psicologi non capiscono un cazzo. -<br />- E la domanda quale sarebbe? -<br />- No, perché secondo me uno che ha studiato e ha passato la vita sui libri che ne po’ sape’ della vita? Solo chi ha vissuto le cose in prima persona sa che significa. Voi mette te che leggi ‘na cosa su un libro e io che invece l’ho vissuta? -<br />- Secondo questo ragionamento solo un tossicodipendente potrebbe aiutare un altro tossicodipendente, solo i malati di cancro potrebbero fare gli oncologi, solo le femmine potrebbero fare le ginecologhe… -<br />- Ah ah ah… ma lo sai che sei simpatico? -<br />- Grazie. -<br />- Sei forte! -<br />- Grazie. -<br />- Sei proprio bravo… Se vede che sei proprio ‘no psicologo! Eh, ma deve ancora nasce chi m’analizza! -<br />- E perché mai qualcuno dovrebbe farlo? -<br />- Sai che ce sta nella testa mia? Nun lo poi capì! Io, quello che c’ho qua dentro [picchiettandosi la tempia con l’indice e strizzando gli occhi]… Io so’ più intelligente di dieci psicologi messi insieme! -<br />- Non ne dubito ma che c’entra l’intelligenza ora? -<br />- No, è per dire che a me nun m’analizza nessuno! -<br />- Uno psicologo non va in giro ad “analizzare” le persone: sono le persone che si rivolgono a lui per un motivo. Dunque, se tu hai questa opinione così ben definita degli psicologi, presumo che ne abbia incontrato almeno uno; mi domando allora quale sia stato il motivo che ti ha condotto da lui. -<br />- No, io no. Mi’ moglie. Stava male ed è voluta anda’ da ‘no psicologo. Veramente l’ho portata dalli mejo professori de Roma ma nessuno c’ha mai capito un cazzo. Diceva che c’aveva l’ansia. Uno ha detto che erano attacchi di panico, ‘n altro che era depressione… Tutte cazzate! -<br />- Secondo te cosa aveva tua moglie? -<br />- M’ha rovinato la vita! Stava sempre male, si lamentava di tutto… Stavamo sempre a litiga’! Certe vorte pe’ falla sta zitta je dovevo fa’ arriva du’ pizze ‘n faccia! Solo allora s’azzittiva e iniziava a piagne! Che strazio! -<br />- Immagino. -<br />- Ma te che ne sai! Sei sposato? C’hai figli? -<br />- Non ha importanza. -<br />- Io c’ho un regazzino e mo pe’ colpa de quella m… lo devo vede’ quando dice il giudice… E devo pure paga’ gli alimenti! -<br />- Picchiavi anche lui? -<br />- Ahò ma che hai capito? Guarda che io mica so uno de quelli che menano alle donne! Pe’ me le donne nun se sfiorano nemmeno con un fiore! Pe’ me la famiglia è sacra! -<br />- Hai detto che tua moglie la prendevi a pizze in faccia. -<br />- Ma che c’entra quando due discutono, è normale! Pure a mi’ fijo, quanno me faceva arrabbia’, j’ammolavo du’ ceffoni, ma a fin di bene. I bambini di oggi so’ tutti ricoglioniti! Non bisogna toccarli, non si può urlare, bisogna ascoltarli, le botte fanno male, la televisione fa male… ma questi quanno crescono?! -<br />- Mi sembra che tu abbia deliberatamente ignorato tutte queste indicazioni facendo comunque di testa tua… -<br />- Certo, perché io so cresciuto pe’ strada. Io ho studiato alla scuola della vita! Du’ schiaffi non hanno mai fatto male a nessuno, anzi! -<br />- Di che ti lamenti allora? Perché sei così arrabbiato? -<br />- Pe’ colpa de’ quelli come te! Che hanno messo tutte idee strane nella testa di mia moglie. M’ha detto che andava dallo psicologo perché voleva stare meglio e invece m’ha lasciato! -<br />- Cosa pensi che avrebbe dovuto fare lo psicologo per aiutare tua moglie? -<br />- La doveva convincere a restare con me! Doveva farla smettere di lamentarsi e falle sparire tutti i suoi problemi psicologici del cazzo, che, se proprio te la devo di’ tutta, per me erano solo fregnacce! -<br />- Dunque credi che lo psicologo non abbia fatto abbastanza per salvare il vostro matrimonio? -<br />- Non hai capito: non c’ha manco provato! -<br />- Tu, invece? -<br />- Io? -<br />- Sì, tu. -<br />- Che cosa? -<br />- Che hai fatto, invece? -<br />- In che senso? -<br />- Per salvare il matrimonio con tua moglie. Oltre a picchiarla, intendo. -</span><br />
<br />
<div>
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span></div>
<br />
<br />
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span></div>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-61766756920013161422016-11-28T22:07:00.000+01:002017-01-31T00:44:39.112+01:00Il tradimento nella coppia<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyl7HZwU6nh9UujwpAmoEYejzwdraBIQoUeZ-jI8KapJjkAchjQiopssriG4oSEMHB3cn9G8WQxmFBa45k1I8bcYq8cacBZnGX04LvELhHsMiTcvd6H5ucAm7Bos4rYcUfSbpP49aPem4/s1600/Il+tradimento+nella+coppia+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyl7HZwU6nh9UujwpAmoEYejzwdraBIQoUeZ-jI8KapJjkAchjQiopssriG4oSEMHB3cn9G8WQxmFBa45k1I8bcYq8cacBZnGX04LvELhHsMiTcvd6H5ucAm7Bos4rYcUfSbpP49aPem4/s400/Il+tradimento+nella+coppia+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Perché gli uomini e le donne tradiscono?</span><br />
<span style="color: white;">Siamo nati per essere monogami oppure è una costrizione imposta dalla società?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Secondo la teoria evoluzionistica lo scopo di ogni essere vivente è quello di sopravvivere ai cambiamenti dell’ambiente.</span><br />
<span style="color: white;">Entro questa prospettiva anche l’atto sessuale, nella sua funzione riproduttiva, è uno strumento di sopravvivenza.</span><br />
<span style="color: white;">L’essere umano infatti, attraverso la riproduzione (e dunque attraverso il sesso), assicura la propagazione dei suoi geni che continueranno a vivere anche dopo la sua morte.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Per i mammiferi la natura prevede che siano le femmine a subire più costi dei maschi nell’investimento genitoriale, ossia in quell’insieme di atti che vanno dal concepimento di un figlio al prendersene cura.</span><br />
<span style="color: white;">Questo squilibrio è da ricondurre alla diversa anatomia e fisiologia dei due sessi e spiega una grande quantità di differenze tra gli uomini e le donne sia per ciò che concerne la loro condotta sessuale (per assicurarsi la massima propagazione del proprio patrimonio genetico), sia per ciò che riguarda il loro comportamento sociale, le loro motivazioni e i loro sentimenti.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">PERCHE’ GLI UOMINI TRADISCONO?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Da un punto di vista evoluzionistico, il motivo è abbastanza semplice:</span><br />
<a name='more'></a><span style="color: white;"> grazie delle sue caratteristiche fisiologiche, <b>l’uomo può fecondare velocemente un numero molto elevato di donne, assicurando la trasmissione del suo patrimonio genetico ad un numero pressoché illimitato di figli</b>.</span><br />
<span style="color: white;">Le femmine, invece, anche a seguito di numerose copule, non possono produrre più di pochi discendenti.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Non tutti i maschi tuttavia hanno accesso alla poligamia.</span><br />
<span style="color: white;">Dal momento che il rapporto tra maschi e femmine in ogni specie sociale è approssimativamente di 1:1, la possibilità per un maschio di avere accesso a più femmine è limitata dalla competizione con altri maschi: può accadere che alcuni riescano a fecondare molte femmine a scapito di altri, i quali potrebbero non avere accesso ad alcune di esse.</span><br />
<span style="color: white;">Di qui la necessità per i maschi di una struttura fisica più grande e più forte, tale da consentire loro di affrontare con successo la lotta con i conspecifici dello stesso sesso.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">ESISTONO UOMINI MONOGAMI?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Sebbene l’anatomia sessuale maschile sia predisposta alla poligamia, bisogna considerare che <b>per l’uomo anche la monogamia può rappresentare un vantaggio riproduttivo: dedicare cure e attenzioni ad un’unica famiglia aumenta notevolmente le probabilità di sopravvivenza dei figli</b>.</span><br />
<span style="color: white;">Dunque la monogamia non è solo un’invenzione culturale: nella nostra specie, come anche in molte specie di uccelli e di alcuni primati, i piccoli hanno bisogno di tutte e due i genitori per sopravvivere, finché non diventano autonomi.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">In definitiva, <b>negli uomini sarebbero presenti propensioni ad essere sia monogami che infedeli</b>.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">LE DONNE SONO MONOGAME?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Storicamente, le caratteristiche anatomiche e fisiologiche della donna, quali una struttura corporea minuta e relativamente debole, e la possibilità di partorire un figlio alla volta, con inevitabili effetti debilitanti, le rendevano difficile allevare la prole da sola. <b>Il successo riproduttivo di una femmina era quindi assicurato dalla presenza di un maschio</b>, che si facesse carico di proteggere lei e i suoi figli dai pericoli, e che provvedesse al loro mantenimento.</span><br />
<span style="color: white;">Tale presenza, per essere efficace, doveva essere <b>stabile</b> nel tempo, predisponendo dunque la donna ad una condotta monogama.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">DIFFERENZE NELLA SCELTA DEL PARTNER E NEL MODO DI VIVERE IL LEGAME DI COPPIA</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Sulla base di queste e di altre considerazioni, che vedremo in seguito, si può ipotizzare che le strategie riproduttive delle femmine siano basate su:</span><br />
<span style="color: white;">1) una scelta del partner che abbia caratteristiche tali da assicurare protezione e risorse a sé e ai suoi piccoli;</span><br />
<span style="color: white;">2) una predisposizione ad instaurare relazioni stabili;</span><br />
<span style="color: white;">3) una tendenza a porre ostacoli alla predisposizione dei maschi ad essere infedeli;</span><br />
<span style="color: white;">4) una tendenza ad essere infedeli, secondo percorsi (come vedremo tra un po’) diversi da quelli utilizzati dai maschi.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Nei maschi le strategie riproduttive dovrebbero basarsi su:</span><br />
<span style="color: white;">1) una scelta della partner che abbia un alto potenziale riproduttivo;</span><br />
<span style="color: white;">2) un interesse a copulare con quante più femmine possibile;</span><br />
<span style="color: white;">3) un interesse a mantenere anche dei legami stabili, e monogami, con alcune femmine, in particolare con quelle della cui progenie fossero sicuramente i padri;</span><br />
<span style="color: white;">4) un forte interesse a controllare la fedeltà della partner per evitare di investire energie in progenie non propria. </span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Ai giorni nostri, per quanto riguarda gli esseri umani, queste dinamiche, pur restando alla base di molti comportamenti tra i due sessi, hanno subito alcune trasformazioni.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">In base a quali criteri la donna sceglie il suo partner?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Oggi un uomo, per essere considerato un buon “investimento parentale”, non deve fare a pugni con i suoi simili, ma deve dimostrare alla donna di essere in grado di accudire i suoi figli, provvedendo a <b>soddisfare i bisogni affettivi ed economici della famiglia</b>.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Tuttavia, un uomo dotato anche di un buon patrimonio genetico, rappresenta ancora un forte motivo di attrazione sessuale per le donne. </span><br />
<span style="color: white;">Per come è strutturata l’attuale società, i nuovi indici di forza e di salute sono rappresentati da: <b>intelligenza</b>, <b>competenza</b>, <b>bella presenza</b>, <b>cura nell’igiene e nell’abbigliamento</b>.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">In base a quali criteri l’uomo sceglie la sua partner?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Non dovendosi preoccupare di trovare una donna economicamente facoltosa, gli uomini hanno la tendenza a scegliere come partner donne <b>più giovani e belle</b> (la bellezza è indice di salute e sottende un buon patrimonio genetico); ad avere rapporti con più donne (copulare con più femmine porta alla propagazione dei propri geni, ad un basso costo); a mantenere un legame monogamico all’interno del quale investire risorse e cure (un alto costo compensato dall’assicurare protezione e maggiori possibilità di sopravvivenza ad una progenie che si ritiene sicuramente propria). </span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">L’INFEDELTA’ FEMMINILE</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Sebbene da un punto di vista anatomico e fisiologico la donna possa sembrare svantaggiata, in realtà <b>solo lei ha il privilegio di sapere con certezza che i geni portati dal figlio sono proprio i suoi</b>, e questo rappresenta un notevole vantaggio in termini relazionali con l’altro sesso.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Secondo uno studio condotto negli anni ’90, circa il 30% dei bambini nati in coppie stabili sarebbero il frutto di un tradimento da parte della donna.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Dunque<b> le donne tradiscono esattamente come gli uomini</b>.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Ma perché lo fanno?</span><br />
<span style="color: white;">Abbiamo visto che il motivo biologico dell’infedeltà maschile può essere rintracciato in una strategia riproduttiva per propagare velocemente il proprio patrimonio genetico.</span><br />
<span style="color: white;">Vediamo ora qual è la funzione adattiva dell’infedeltà femminile.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">In alcune scimmie, quando un maschio, a seguito di una contesa, riesce ad appropriarsi di un gruppo di femmine che apparteneva ad un altro maschio tende ad uccidere tutti i piccoli che le femmine avevano generato in precedenza. Alcuni scienziati hanno però notato che l’infanticidio non avviene nel caso in cui il nuovo maschio dominante abbia già copulato in precedenza con le femmine di quell’harem, in quanto <b>l’incertezza della paternità gli impedisce di danneggiare piccoli che potrebbero essere suoi</b>.</span><br />
<span style="color: white;">Questo fa sì che, dove ci siano più maschi, le femmine cerchino di accoppiarsi in maniera promiscua al fine di renderli tutti incerti sulla loro paternità.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">In maniera analoga, nella nostra specie, anche se non si corre il rischio di infanticidio, in termini adattivi può essere più vantaggioso per la donna avere legami con altri uomini, in modo da <b>garantirsi un nuovo compagno nel caso in cui dovesse perdere quello attuale</b> (per lutto o separazione). In questo modo, lei e i suoi figli avrebbero garantita una <b>continuità</b> di premure (risorse affettive ed economiche). </span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Diverse donne inoltre stabiliscono un legame duraturo con un uomo la cui caratteristica principale è l’abilità nell’accudire la prole (facoltoso economicamente oppure molto collaborativo nelle faccende domestiche e nella gestione dei figli) e <b>cercano la soddisfazione sessuale con uomini da cui si sentono maggiormente attratte fisicamente</b> (più bello = più in salute) <b>o caratterialmente</b> (più simpatico, più intelligente = vincente nella società), sviluppando una fantasia di procreazione o facendosi fecondare direttamente.</span><br />
<span style="color: white;"><b>Il compagno stabile</b>, infatti, <b>potrebbe essere stato scelto per la sua idoneità ad assicurare risorse economiche più che per un buon patrimonio genetico</b>.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">COME VIVONO L’INFEDELTA’ GLI UOMINI E LE DONNE?</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Le differenze nell’infedeltà maschile e femminile consistono nella <b>tendenza, da parte degli uomini, a sbandierare le loro relazioni plurime</b>, <b>mentre le donne sono molto più accurate nel nasconderle</b>, per rassicurare il partner stabile che sta spendendo energie e costi nell’allevamento di figli suoi.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Va da sé che è differente anche il modo di sentire ed esprimere la gelosia:</span><br />
<span style="color: white;">- <b>la gelosia degli uomini è legata alla possibilità che la propria compagna abbia altri legami sessuali</b>, il che implicherebbe il rischio di dover allevare figli di altri maschi;</span><br />
<span style="color: white;">- <b>la gelosia della donna è legata all’ipotesi che il proprio partner abbia un altro legame affettivo</b>, il che implicherebbe il rischio di un trasferimento di risorse su un’altra donna e sui figli di questa.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Tale differenza ha trovato conferma in uno studio di psicologia sociale condotto a Roma verso la fine degli anni ’90. Fu chiesto a degli studenti universitari di valutare quale tipo di infedeltà, tra una di tipo sessuale e una di tipo affettivo, provocava loro maggior disagio.</span><br />
<span style="color: white;">Il 95% delle studentesse si dichiarava sconvolta da un ipotetico innamoramento del proprio compagno, mentre il 65% degli studenti maschi sarebbe stato molto disturbato da una parallela relazione sessuale della propria partner.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">CONCLUSIONI</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">A questo punto è opportuno fare delle considerazioni.</span><br />
<span style="color: white;">I concetti riportati in questo articolo si basano su teorie evoluzioniste: gli scienziati si sono chiesti se esistesse un motivo biologico che spiegasse alcuni comportamenti sociali e hanno elaborato delle teorie.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Questo <b>non significa che tutti gli uomini e le donne tradiscono</b>.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">Significa che tutti noi abbiamo una “spinta genetica” a farlo, ma non è detto che dobbiamo esprimerla per forza o che non siamo in grado di controllarla.</span><br />
<span style="color: white;"><br /></span>
<span style="color: white;">In quanto esseri umani dotati di libero arbitrio, non abbiamo più bisogno di affidarci esclusivamente al nostro istinto animale per garantirci la sopravvivenza.</span><br />
<span style="color: white;">Adattarsi all’ambiente, per lo meno nelle società cosiddette “civilizzate”, significa integrarsi con dei <b>modelli culturali</b>.</span><br />
<span style="color: white;">Per dirlo con le parole di Freud: “La potenza è quella di chi, elaborando il lutto e la perdita di un ideale di perfezionismo del tutto o niente, dialoga con la realtà, sia essa anche economica, istituzionale, legislativa, riconoscendone l’identità di limite, ma anche di opportunità”</span><br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: white;"><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;"><a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span> </span></div>
</div>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-76029686775893811172016-09-28T23:09:00.003+02:002017-05-06T23:45:12.024+02:00Sai cos'è la Nomofobia?<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2Lzwjs7Ay9gf64FbBd06EYRBzZMWvzlfYcqs_QvirXBtYSfHT8Iz4QHOynNmAzg5UVHBePD4Bn3umA1Z0dYbLK4_qXcP_h0l0JhPDlAtg5Bxlf5NtJntJGKD9J_Ea95kmsu5_AKm66o0/s1600/Nomofobia+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2Lzwjs7Ay9gf64FbBd06EYRBzZMWvzlfYcqs_QvirXBtYSfHT8Iz4QHOynNmAzg5UVHBePD4Bn3umA1Z0dYbLK4_qXcP_h0l0JhPDlAtg5Bxlf5NtJntJGKD9J_Ea95kmsu5_AKm66o0/s320/Nomofobia+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo.jpg" width="320" /></a></div>
</span></dt>
<br />
<dl><div>
<br />
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><div style="text-align: justify;">
Vi è mai capitato di uscire con qualcuno, a cena
o per un aperitivo, e di essere costretti ad un imbarazzante silenzio mentre
questi è impegnato ad armeggiare col suo smartphone?</div>
<br />
Da uno studio condotto in Gran Bretagna è emerso che <b>oltre la metà
degli utenti di telefonia mobile tende a manifestare stati d’ansia quando è
impossibilitato ad utilizzare il proprio cellulare</b>.<br />
<br />
Composto dal prefisso abbreviato “<i>no-mobile</i>” e dal suffisso “<i>fobia</i>”,
il temine “<i>Nomofobia</i>” si riferisce alla paura di rimanere fuori dalla
connessione di reti mobili.<a name='more'></a><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>SINTOMI</b></div>
<br />
Parliamo di <b>Nomofobia</b> quando una persona prova una <b>paura
sproporzionata di rimanere fuori dalla rete</b>, al punto da sperimentare
effetti fisici collaterali simili ad un attacco di panico: mancanza di respiro,
vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico e
nausea.<br />
<br />
Nel tentativo di contenere l’ansia, i nomofobici, mettono in atto <b>una
serie di comportamenti volti ad ottenere controllo e rassicurazione</b>,
quali: tenere il telefono sempre acceso, mantenere il credito sempre attivo e
assicurarsi che la batteria sia sempre carica.<br />
<br />
Una condotta strettamente correlata alla nomofobia consiste nella <b>costante
ricerca di gratificazioni</b> derivanti dal ricevere notifiche, messaggi e
“like”.<br />
Tale comportamento può assumere la forma di una vera e propria <b>dipendenza</b>,
con l’aggravante che – mentre un tossicodipendente può sapere e decidere con
esattezza quando la gratificazione derivante dall’uso di una sostanza arriverà
– il nomofobico non può prevedere quando riceverà nuovi segnali dalla rete,
pertanto è “costretto” a <b>controllare di continuo il suo dispositivo</b>,
fino a diventarne schiavo.<br />
<br />
<br />
<b>CAUSE</b><br />
<br />
Secondo diversi studi, la maggior parte dei cellulare-dipendenti sarebbero
giovani adulti con <b>bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali</b>,
che compenserebbero il proprio senso di solitudine restando costantemente
connessi con gli altri attraverso i dispositivi mobili e le loro applicazioni.<br />
<br />
La continua ricerca di aggiornamenti di stato su Facebook, il controllo
ossessivo di WhatsApp, email e altre applicazioni rappresenterebbero un vano
tentativo di <b>fuga dai problemi personali</b>.<br />
Le notifiche diventano una sorta di droga per allentare la tensione delle
preoccupazioni della vita reale.<br />
<br />
E’ opportuno chiarire che <b>non tutti i nomofobici sono caratterizzati
da difficoltà relazionali pregresse</b>.<br />
Molti di loro lo sono diventati pur avendo precedentemente una vita sociale
appagante.<br />
Questo dato dovrebbe far riflettere su quanto possa essere facile e pericoloso
per chiunque cadere nel vortice della dipendenza.<br />
<br />
<br />
<b>CONSEGUENZE</b><br />
<br />
Che si tratti di fuggire dai problemi personali o di cadere vittime del
fascino della rete, un uso improprio dei dispositivi mobili, quale principale
mezzo di socializzazione, produce una <b>compromissione della vita sociale
reale</b>.<br />
In altri termini, più si è connessi, più si è isolati.<br />
<br />
Nei casi più gravi, la dipendenza da cellulare può portare a una notevole <b>instabilità
emotiva</b>, <b>tratti di personalità ossessivo-compulsivi</b>, <b>sbalzi
di umore</b> e <b>depressione</b>.<br />
<br />
<br />
<b>COSA FARE</b><br />
<br />
La dipendenza da connessione è un disturbo da non sottovalutare e, nei casi
più gravi, sarebbe opportuno <b>ricorrere all’aiuto di uno specialista</b>.<br />
<br />
Se si riscontrano i sintomi sopra descritti, se si è costantemente
preoccupati di perdere lo smartphone, se si è mai sperimentato un malessere
fisico in seguito alla perdita di connessione e se l’uso di cellulari o tablet
interferisce significativamente con le normali attività lavorative, familiari,
di studio o di svago, allora sarebbe il caso di<b> rivolgersi ad uno
psicologo con specifiche competenze</b>.<br />
<br />
<br />
<b>COME SCOPRIRE SE SI E’ NOMOFOBICI</b><br />
<br />
Al di là dei sintomi, esiste un test infallibile, che potete fare da soli,
per scoprire se avete già sviluppato una dipendenza: <b>provate a
trascorrere almeno 48 ore senza connettervi</b>.<br />
<br />
Durante il test potrete usare la posta elettronica esclusivamente per
lavoro, ed il telefono cellulare solo per le chiamate, avendo la premura di
spegnerlo durante la notte.<br />
<b>Al termine dell’esperimento avrete la vostra risposta</b>.<br />
<br />
Ricordate che, in caso “baraste”, mentireste solo a voi stessi. Senza
contare che negazioni, bugie e manipolazioni della realtà, sono condotte
tipiche di chi ha problemi di dipendenza.<br />
<b>Il primo passo per risolvere un problema è ammettere di averne uno</b>.<br />
<br />
</span></dt>
<br />
<div>
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
<br />
<span style="color: white;"><span style="font-family: "verdana" , "sans-serif"; font-size: 9.0pt;"><span style="font-family: "verdana";">Articolo pubblicato su <span style="color: white;">L'AquilaOggi</span></span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">.</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span></div>
</div>
</dl>
</div>
</dl>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
</td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-82956492371129494532016-06-01T17:12:00.001+02:002016-09-28T23:13:05.213+02:00L'uomo mammone<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9CB3zrnt0grRTCJgmRzcgHBpYtXXn_14asM-kw95Zi9weylwHCUV79L8Njij2CsyK0Euxk18dmFoq-uQ70H_wQjCNIATaspcbIWVJotlEAH7s9I10tqEXiGjJqqnqhjpHBA1lrH0QGYA/s1600/L%2527uomo+mammone+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psiclogo+Roma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9CB3zrnt0grRTCJgmRzcgHBpYtXXn_14asM-kw95Zi9weylwHCUV79L8Njij2CsyK0Euxk18dmFoq-uQ70H_wQjCNIATaspcbIWVJotlEAH7s9I10tqEXiGjJqqnqhjpHBA1lrH0QGYA/s320/L%2527uomo+mammone+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psiclogo+Roma+Avezzano.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><div style="text-align: justify;">
- E’ mai stato fidanzato?<br />
- Sì.<br />
- Quando l’ultima volta?<br />
- Sei mesi fa. Sono stato un anno con una ragazza ma poi l’ho lasciata.<br />
- Potrebbe spiegarmi il motivo di questa decisione?<br />
- Non era la persona giusta per me… Mamma me lo aveva detto dal primo giorno!<br />
<br />
Esistono uomini, anche ultraquarantenni, che vivono un rapporto morboso con le loro madri.<br />
Fin dall’infanzia essi stabiliscono un legame simbiotico che nessun’altra donna in futuro potrà mai scalfire.<br />
Comunemente sono definiti “mammoni”.<br />
<a name='more'></a><br />
<br />
Quando il <b>mammone</b> cresce e stabilisce una relazione sentimentale con una donna, nel loro rapporto di coppia aleggia sempre il fantasma della madre, che diventa il modello di donna ideale nonché termine di paragone spietato per tutte le qualità femminili.<br />
Ovviamente la fidanzata non potrà mai competere con tali virtù e, agli occhi del mammone (e di sua madre) risulterà sempre <b>inadeguata</b>.<br />
<br />
Il mammone può essere anche una persona di successo, efficiente nel lavoro e brillante con gli amici, tuttavia continuerà a ricercare l’approvazione della madre proprio come un bambino.<br />
Anche se innamorato della sua compagna, non la metterà mai al primo posto quando dovrà prendere decisioni importanti.<br />
Di fronte ai normali conflitti di coppia, cercherà rifugio e consolazione tra le braccia della mamma sempre pronta ad accoglierlo e a dispensare preziosi “consigli di vita”.<br />
Parliamo di comportamenti che un uomo adulto dovrebbe ormai essersi lasciato alle spalle, cercando in sé stesso e non nella protettiva figura materna, sia la determinazione nel compiere le scelte sia il modo di placare le proprie ansie.<br />
<br />
La maggiore responsabile di tale fallimento evolutivo è la stessa <b>madre</b>.<br />
Si tratta di una donna infelice del proprio matrimonio, che ha “sprecato” gli anni migliori della sua vita accanto ad un marito assente e carente di attenzioni.<br />
Per far fronte alla frustrazione e all’insoddisfazione riversa tutte le energie nella crescita del figlio maschio, che rappresenta un nuovo inizio, una rinascita e un riscatto per la sua figura di donna incompresa e calpestata.<br />
Farà di tutto per farlo crescere gentile e premuroso con le donne ma, quando si renderà conto che non potrà essere lei la beneficiaria di tali virtù, si sentirà doppiamente tradita dalla vita e, più o meno consapevolmente, sarà portata a sabotare ogni relazione affettiva del figlio con un'altra donna.<br />
<br />
Se la madre è una casalinga o comunque una persona che ha dovuto rinunciare alle sue passioni o alla carriera, il bisogno di riscatto sarà ancora più grande e a farne le spese sarà sempre la povera sventurata di turno.<br />
<br />
La <b>compagna</b> di un mammone dovrà confrontarsi con costanti umiliazioni e sconfitte. Nessuna donna può competere con una madre idealizzata, che sa perfettamente come prendere suo figlio per rassicurarlo, coccolarlo, viziarlo e al tempo stesso fargli fare ciò che lei desidera.<br />
Il mammone non assumerà mai delle responsabilità di uomo verso la coppia e terrà la sua compagna sempre sospesa in uno stato di costante giudizio.<br />
<br />
Malgrado gli impegni profusi e le strategie di difesa nei confronti della “suocera”, la compagna non riuscirà mai ad avere la meglio: se l’infanzia e l’adolescenza non sono bastate a portare a termine il processo di separazione/individuazione verso una piena realizzazione e coscienza di sé stessi, è improbabile che questo possa avvenire in età adulta. Spesso anzi, l’identità dell’uomo mammone finisce col consolidarsi attorno alla figura materna idealizzata, diventando ancora più resistente al cambiamento.<br />
<br />
Come per gli <a href="http://www.studioclinico.it/2014/04/uomini-che-non-vogliono-una-storia-seria.html" target="_blank">uomini che non vogliono una storia seria</a>, la domanda che spesso mi viene rivolta è:
<br />
<div style="text-align: center;">
“<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><i>Un uomo così potrà mai cambiare?</i></span>”</div>
La risposta è sì, a patto che sia lo stesso uomo a sentire l’esigenza di farlo e, in ogni caso, si tratterebbe di un processo lungo e tortuoso e dall’esito non scontato.<br />
<br />
Tuttavia è indispensabile chiarire un concetto e averlo sempre a mente: <b>non potrà mai essere la compagna a “guarire” l’uomo mammone</b>.<br />
Purtroppo, nella maggior parte dei casi, è proprio questa fantasia di redenzione che blocca la donna in una relazione improduttiva con un mammone.<br />
Malgrado sia perfettamente consapevole dei limiti di quell’uomo che ormai le appare una persona troppo insicura, incapace di fare delle scelte autonome e di assumersi delle responsabilità, una parte di lei non può fare a meno di indugiare in quel rapporto nella speranza che le cose possano cambiare.<br />
Non si tratta nemmeno più di amore, quanto di desiderio di spuntarla nella competizione femminile, per riuscire, anche solo una volta, ad imporre una propria decisione o sentirsi dire:<br />
<div style="text-align: center;">
“<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><i>Sei la donna più importante della mia vita!</i></span>”
</div>
<br />
<br />
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i>
</div>
<br />
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html">Prenota una consulenza</a></span></div>
<br />
<br /></td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-70191885465113923452016-02-07T18:26:00.000+01:002017-05-06T23:45:53.628+02:00La formula dell' amore perfetto<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><div style="text-align: justify;">
Esiste l’amore perfetto?
<br />
<br />
Si sente spesso parlare di “chimica”, di attrazione, di interesse, quali fattori fondamentali di una relazione.
<br />
<br />
L’idea diffusa nell’immaginario comune è che l’amore sia una forza totalizzante dalla quale noi saremmo investiti passivamente, come se non dovessimo fare altro che lasciarci trasportare dalla corrente.
<br />
Nell’ambito della mia professione, ogni volta che mi trovo a lavorare con una coppia, esiste una obiezione che mi viene rivolta puntualmente (generalmente dal partner che è stato “condotto” dallo psicologo) nell’esatto momento in cui si iniziano ad affrontare i primi nodi della relazione:
<br />
<div style="text-align: center;">
<i>“Non capisco perché debba essere tutto così faticoso!
<br />
Credo che due persone che si amano veramente dovrebbero superare i loro problemi in automatico,
senza stare a parlarne troppo!”</i>
</div>
<br />
La verità è che per vivere una relazione d’amore completa, duratura e appagante è necessario che siano presenti diverse componenti.<br />
<a name='more'></a><br />
Nel 1986 lo psicologo statunitense Robert Sternberg ne ha individuate tre, collocabili metaforicamente ai vertici di un triangolo: intimità, passione e impegno.
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-59WyX40f37FjzSLboTFIy85oJlaV7r3BjhUwjD47doMncbTBo27Zgk9kiyGKCcFcICTvGCNsv66v_vIOdiDDDffvD_ZLLNwtF0g927TN2K48ieNxT_NavhR4b5aWCBTfKynGy_Kwzi8/s1600/Componenti+dell+amore+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-59WyX40f37FjzSLboTFIy85oJlaV7r3BjhUwjD47doMncbTBo27Zgk9kiyGKCcFcICTvGCNsv66v_vIOdiDDDffvD_ZLLNwtF0g927TN2K48ieNxT_NavhR4b5aWCBTfKynGy_Kwzi8/s320/Componenti+dell+amore+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.png" width="320" /></a></div>
<br />
L’<b>intimità</b> si riferisce ai sentimenti di confidenza, affinità, condivisione e comune sentire responsabili dell’esperienza di unicità e calore. Questa componente determina nella coppia la tendenza a prendersi cura dell’altro, a comunicare i propri sentimenti, ad offrire sostegno emotivo, a condividere oggetti ed esperienze.
<br />
<br />
La <b>passione</b> riguarda gli aspetti più impulsivi che possono caratterizzare una storia d’amore: attrazione fisica, desiderio sessuale, ma anche desiderio di appartenenza, di dominio o di sottomissione.
<br />
<br />
L’<b>impegno</b> consiste nel prendere decisioni in favore della coppia e nella capacità di mantenerle nel tempo.
Comporterà il fidanzamento, il matrimonio, la famiglia e la capacità di superare insieme i momenti difficili.
<br />
<br />
Si tratta dell’aspetto più discusso perché è visto come quello meno romantico e più sgradevole.
<br />
L’impegno è il fattore che spaventa di più, soprattutto gli uomini, perché implica un’assunzione di responsabilità e definisce il livello di maturità personale e di coppia (leggi anche <a href="http://www.studioclinico.it/2014/04/uomini-che-non-vogliono-una-storia-seria.html" target="_blank">Uomini che non vogliono una storia seria</a>).
<br />
Tuttavia anche alcune donne tendono a sottovalutare l’importanza di questo aspetto perché troppo spesso viene fatto erroneamente coincidere con la mancanza di interesse e romanticismo, come se l’impegno escludesse la passione e viceversa.
<br />
<br />
<br />
<b>I sette tipi di amore</b>
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitcyPrOwEwnAj186evp3OFUE2ybGBubpB0RODQnVtapf_bfoP1zeRKKw4Mg5DrArXJoOHbVQBVUsMdia6bGYfaeOY9AoyADiEOnvSeqLzAqSBxv2NKqyjR30eHCLdLmmSgCreY1Leryok/s1600/I+sette+tipi+di+amore+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitcyPrOwEwnAj186evp3OFUE2ybGBubpB0RODQnVtapf_bfoP1zeRKKw4Mg5DrArXJoOHbVQBVUsMdia6bGYfaeOY9AoyADiEOnvSeqLzAqSBxv2NKqyjR30eHCLdLmmSgCreY1Leryok/s320/I+sette+tipi+di+amore+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.png" width="320" /></a></div>
<br />
Le combinazioni fra queste tre componenti definiscono 7 modelli di amore, ognuna con le proprie caratteristiche.
<br />
<br />
<b>Simpatia</b> (solo intimità): in questo tipo di relazione vi è confidenza, calore e senso di unione fra i partner ma senza passione e impegno. Relazioni di questo genere sono paragonabili a vere e proprie amicizie.
<br />
<br />
<b>Infatuazione</b> (solo passione): tipico dell'amore a prima vista, nasce e si sviluppa improvvisamente ma solitamente termina con una disillusione. Questo rapporto si basa sull'idealizzazione dell'altro più che sulla sua reale conoscenza e dura solo se la relazione non viene effettivamente vissuta o comunque fino a quando uno dei due non si scontra con una delusione derivante dal confronto con la realtà.
<br />
Caratterizzato da scarsa empatia, tipico delle personalità narcisistiche.
<br />
<br />
<b>Amore Vuoto</b> (solo impegno): uno o entrambi i componenti della coppia si impegnano a continuare la relazione in mancanza delle componenti di intimità e passione. Solitamente si tratta di rapporti nella loro fase finale, in cui i partner stanno insieme solo per tener fede a un impegno preso, per decisioni legate ai figli oppure a considerazioni economiche.
<br />
<br />
<b>Amore Romantico</b> (intimità+passione): si tratta della forma tipica delle grandi e intense storie d'amore letterarie e cinematografiche. Spesso la componente impegno non è presente per via di ostacoli o circostanze esterne che impediscono alla coppia di progettare un futuro, oppure uno o entrambi i partner non vogliono/possono impegnarsi a causa di limiti personali.
<br />
<br />
<b>Amore Amicizia</b> (intimità+impegno): è il caso per esempio di quei rapporti che durano da tanto tempo, consolidati sotto il profilo dell'intimità anche se hanno visto lentamente sfumare quello della passione. La coppia non vede la passione come un fattore importante nel tempo e tende a trascurarlo anche per paura di perdere l’equilibrio nella relazione.
<br />
<br />
<b>Amore Fatuo</b> (passione+impegno): in questo tipo di relazione l'impegno è conseguenza solo della passione senza il supporto dell'intimità e della conoscenza reciproca. È il caso per esempio di matrimoni dettati da decisioni impulsive prese sull'onda dell'infatuazione. Queste relazioni corrono il rischio di frantumarsi quando si troveranno a fare i conti con un impegno non sentito.
<br />
<br />
<b>Amore Vissuto</b> (intimità+passione+impegno): è l'amore completo che tutti sognano e si realizza quando tutti e tre gli elementi si combinano in una relazione. Anche se non impossibile è raro riuscire a farne esperienza diretta e assai difficile mantenerne vive le caratteristiche nel tempo.
<br />
<br />
L’amore vero richiede la capacità di trovare dei validi compromessi nel rispetto dei bisogni individuali e di coppia. La relazione va costruita e curata nel tempo.
<br />
Per essere felici a lungo con la persona amata è necessario imparare a mettersi in gioco, a cambiare in funzione delle esigenze dell’altro, ad accettarne le imperfezioni e a condividere valori e interessi.
<br />
<br />
Si tratta di caratteristiche difficili da valutare all’inizio di un rapporto ma è bene tenere a mente che il semplice “stare bene insieme” non è sufficiente e non rappresenta affatto un indicatore affidabile su cui impostare la scelta del partner.
<br />
<br />
In modo analogo, l’idea che la passione trionfi su tutti gli ostacoli è molto attraente ma poco reale (leggi anche <a href="http://www.studioclinico.it/2014/04/lamore-che-trascende-i-bisogni-la.html" target="_blank">L'amore che trascende i bisogni</a>).
<br />
<br />
Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è la <b>scissione</b> che spesso si viene a creare <b>tra ciò che si dichiara e ciò che si fa</b>.
<br />
Soprattutto gli uomini, durante la fase di corteggiamento tendono a descriversi come amanti esperti, passionali, romantici, sinceri, presenti e affidabili, producendo come unico effetto l’aumento delle aspettative nel partner.
<br />
E' importante <b>esprimere l'amore nei comportamenti</b> perché sono le nostre azioni che definiscono la nostra vera identità personale e di coppia. Inoltre le espressioni d'amore dell'uno influiscono sui sentimenti e sui comportamenti dell'altro dando luogo così ad una serie di azioni che si rinforzano a vicenda.
<br />
<br />
Ogni storia d’amore, se letta con strumenti adeguati, può fornire informazioni importanti sulla qualità del rapporto.
<br />
L’amore perfetto non nasce dal nulla ma si evolve entro un processo di crescita fatto di alti e bassi. Soprattutto nei momenti di difficoltà è necessario affrontare la realtà con sincerità ed essere pronti a mettersi in discussione per comprendere qualcosa di più su sé stessi e sulla coppia.
<br />
<br />
<br />
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i>
</div>
<br />
</span></dt>
<br />
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9.0pt;">Articolo pubblicato su L'AquilaOggi</span></div>
</div>
</dl>
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<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html">Prenota una consulenza</a></span></div>
<br />
<br /></td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-35148270357842833922015-10-24T13:33:00.002+02:002017-05-06T23:46:22.611+02:00Come affrontare la Paralisi del Sonno<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj230FPqSakGJCxfdHaUK4iCMIrhRXq_UgP2pUI9CnlljyMRUewJFLbgOE-0U2fUpg8u8p4XPsJ8m3M3e0aIDvIOIHqDM7oKkgZHJ8TqWLEb7C00bjGS6EJ16moe_MhzTvQCWU5nLwMZKM/s1600/paralisi+del+sonno+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj230FPqSakGJCxfdHaUK4iCMIrhRXq_UgP2pUI9CnlljyMRUewJFLbgOE-0U2fUpg8u8p4XPsJ8m3M3e0aIDvIOIHqDM7oKkgZHJ8TqWLEb7C00bjGS6EJ16moe_MhzTvQCWU5nLwMZKM/s320/paralisi+del+sonno+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><div style="text-align: justify;">
Vi siete svegliati improvvisamente nel letto e
non riuscivate a muovervi?</div>
<div style="text-align: justify;">
Avete avuto la sensazione che ci fosse una
presenza estranea che esercitava una pressione sul vostro petto impedendovi di
respirare o vi afferrava braccia e gambe immobilizzandovi?</div>
<div style="text-align: justify;">
Avete mai sentito dei rumori nella stanza o,
peggio ancora, una voce che vi sussurrava qualcosa nell’orecchio?</div>
<div style="text-align: justify;">
Niente paura! Avete solo sperimentato una “<b>Paralisi
del Sonno</b>”<br />
<a name='more'></a>.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>SINTOMI</b></div>
<div style="text-align: justify;">
La paralisi del sonno, è un disturbo del sonno in
cui, nel momento del risveglio o poco prima dell’addormentamento, insorge una <b>incapacità
temporanea di muoversi e/o parlare</b>.<br />
In quei momenti il soggetto è cosciente ma non riesce a compiere i gesti tipici
di una persona sveglia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Tali fenomeni hanno una durata variabile, da
pochi secondi a qualche minuto; una volta terminati, le funzioni fisiche sono
completamente ristabilite e il soggetto torna a parlare e muoversi senza
difficoltà. Tuttavia, l’episodio suscita <b>angoscia</b> e, talvolta,
uno <b>stato d’ansia che perdura nel tempo</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
L’incapacità di muoversi e di parlare, infatti,
non sono gli unici sintomi: spesso la persona sperimenta delle vere e proprie <b>allucinazioni</b>
e percepisce delle <b>presenze</b> o dei <b>suoni</b> non
reali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Un esempio classico, descritto dai protagonisti,
è la <b>sensazione di non essere da soli</b> nella propria stanza.
Spesso si avverte la pressione fisica esercitata da mani estranee volta ad <b>immobilizzare</b>
o <b>strangolare</b>.<br />
Allo stesso modo vengono riferiti casi in cui <b>si sente una voce</b>
sussurrare delle frasi nell’orecchio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Si tratta di un fenomeno meno raro di quanto si
possa credere e chi lo ha provato lo descrive come una esperienza terribile,
tanto che, in diversi Paesi del mondo, sono nate leggende che ipotizzano la
presenza di entità demoniache che si posizionerebbero sul petto delle vittime.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>CAUSE</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Al di là delle credenze popolari, questo stato di
paralisi è dovuto a un <b>inizio precoce o a un prolungamento eccessivo
della fase del sonno detta “R.E.M.”</b>.<br />
Durante questa fase, chi dorme compie bruschi movimenti con gli occhi. Il
termine REM, infatti, è l’acronimo inglese di Rapid Eye Movement (movimento
rapido oculare).<br />
E’ la fase del sonno in cui si riposa di più e il Sistema Nervoso “scarica” la
tensione accumulata e si rigenera, ma è anche <b>la fase in cui la mente
produce i sogni</b>.<br />
Per questo è caratterizzata da uno stato di paralisi: l’organismo rilascia
degli ormoni che inibiscono le funzioni muscolari, proteggendosi dal rischio di
compiere movimenti inconsulti provocati dal sogno (meccanismo che, ad esempio,
non funziona nei casi più diffusi di sonnambulismo).</div>
<div style="text-align: justify;">
In altri termini una parte di noi si sveglia,
mentre l’altra rimane nella fase REM e il risultato e che ci troviamo in una
sorta di limbo: coscienti ma paralizzati e con i sogni ancora in corso, che
altro non sono che le nostre allucinazioni.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>FATTORI DI RISCHIO</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Le paralisi del sonno possono essere innescate da
diversi fattori:<br />
- <b>fisiologici</b> (dormire poco e in modo irregolare, problemi
digestivi)<br />
- <b>ambientali</b> (concomitanza di eventi stressanti)<br />
- <b>psicologici</b> (presenza di disturbi d’ansia, attacchi di
panico o disturbo post-traumatico da stress</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>COSA FARE</b></div>
<div style="text-align: justify;">
Per intervenire efficacemente sui fattori
fisiologici è sufficiente ristabilire delle abitudini notturne consone alle
richieste dell’organismo umano.</div>
<div style="text-align: justify;">
Per stare in salute, il nostro cervello ha
bisogno di circa <b>8 ore di sonno notturno e continuato</b>.<br />
Inoltre, è altrettanto importante andare a dormire e svegliarsi sempre alla
stessa ora, ossia avere un <b>ritmo sonno/veglia regolare</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
Nonostante gli sforzi profusi, molte persone
lamentano difficoltà nell’addormentarsi e mantenere la qualità del sonno
adeguata.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ecco allora alcuni semplici accorgimenti che
potrebbero rivelarsi molto utili allo scopo:<br />
- creare un <b>ambiente notturno accogliente</b>: letto comodo, clima
adeguato, stanza buia e silenziosa (sarebbe opportuno ridurre al minimo la
presenza di quadri, poster e dispositivi radio/elettro/magnetici);<br />
- <b>evitare di dormire in posizione supina</b> (dormendo “pancia in
su” il palato molle potrebbe collassare ostacolando la respirazione e facendovi
risvegliare bruscamente)<br />
- <b>non mangiare e non assumere alcol, teina o caffeina</b> prima di
andare a letto.<br />
- <b>non fumare</b> nelle ore precedenti al sonno, in quanto anche la
nicotina è uno stimolante.<br />
- praticare <b>esercizio fisico</b> con regolarità, ma mai prima di
andare a dormire.</div>
<div style="text-align: justify;">
La presenza di <b>eventi di vita stressanti</b>
può aumentare il livello di tensione nell’organismo e avere delle ripercussioni
negative sulla qualità del sonno.<br />
Un modo efficace per gestire lo stress è usare <b>tecniche di respirazione
e di rilassamento</b>. In questo modo si rigenerano le energie mentali e
si aiuta il Sistema Nervoso ad allentare la tensione accumulata durante il
giorno. Meno carico ci sarà da smaltire meno pesanti e tormentate saranno le
fasi del sonno e i relativi sogni.</div>
<div style="text-align: justify;">
La presenza di traumi non elaborati, conflitti
relazionali, difficoltà nella gestione delle emozioni, possono compromettere
pesantemente l’<b>equilibrio psicofisico</b>, compresa la qualità del
sonno.<br />
<b>Disturbi d’ansia</b> di vario tipo (attacchi di panico, fobie,
disturbo post-traumatico da stress, disturbo ossessivo-compulsivo) possono
vanificare ogni tentativo di “auto-terapia”; <b>in questi casi, ogni
tecnica o accorgimento risulta inutile se prima non vengono risolti i problemi
più profondi con l’aiuto di uno psicologo</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ad ogni modo un processo di cura o di crescita
personale potrebbe essere lungo e nel frattempo ci troveremmo comunque
costretti ad affrontare episodi di paralisi del sonno.<br />
Ecco allora <b>cinque punti da ricordare</b> nel caso dovessimo
risvegliarci in una situazione simile.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>CINQUE STRATEGIE CONTRO LA PARLAISI DEL
SONNO</b></div>
<div style="text-align: justify;">
1) La paralisi del sonno può essere terrificante,
ma <b>non è pericolosa o dannosa</b>.<br />
Non può accaderti niente di male, perciò <b>non aver paura</b>.<br />
Si tratta di un fenomeno naturale molto comune. Non preoccuparti delle
implicazioni sovrannaturali o spirituali di questa condizione. Nella tua stanza
<b>non c’è nessun fantasma</b>, nessuna presenza demoniaca.</div>
<div style="text-align: justify;">
2) Cerca di <b>sentire l’ambiente circostante</b>,
la stoffa delle tue coperte, dei tuoi vestiti o di toccare i mobili attorno a
te. E’ più facile svegliarsi se ti concentri sulle <b>sensazioni tattili</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
3) Se vuoi provare a <b>rompere la paralisi</b>,
tieni gli occhi chiusi e fai dei respiri profondi concentrandoti sul tuo corpo.
Poi apri gli occhi, riconosci la stanza in cui ti trovi e solo allora prova a
muovere con calma le braccia e le gambe.</div>
<div style="text-align: justify;">
4) Non tentare di rompere la paralisi cercando di
forzare i movimenti: così facendo rischi solo di peggiorare la paralisi e far
aumentare la pressione. Il modo migliore per affrontarla è <b>rilassarsi</b>
e ricordare che non sei in pericolo.</div>
<div style="text-align: justify;">
5) Potresti continuare a sognare durante la
paralisi; ad esempio, potresti svegliarti e sentire la presenza di un intruso
nel tuo sogno. Per quanto spaventoso possa apparire lo scenario in cui ti
trovi, ricordati che <b>è la tua mente a produrlo</b>, quindi cerca
di riassumere il controllo dei tuoi pensieri, <b>immagina qualcosa di
piacevole e indirizza il sogno nella direzione che preferisci</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<i>Dr. Riccardo Cicchetti</i><br />
<br />
<span style="color: white;"><span style="font-family: "verdana" , "sans-serif"; font-size: 9.0pt;"><span style="font-family: "verdana";">Articolo pubblicato su <span style="color: white;">L'AquilaOggi</span></span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">.</span></div>
</span>
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
</td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-22713453394348044292014-12-10T19:09:00.000+01:002017-05-06T23:46:43.445+02:00Come aumentare la tua resilienza<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAPwRp66soFHcKiHOcAnjH7uWeBmCJQefdxop9Hw4BG_iXy71UoADqtkbsHshipCsIZSWLjJEW1P9kJ8OmszTEHW37g9jrcA5HHE8rIlFiN0tfV_yG_9J0jTZhEKThgpeV36i-U9ugV2U/s1600/Come+aumentare+la+tua+resilienza+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAPwRp66soFHcKiHOcAnjH7uWeBmCJQefdxop9Hw4BG_iXy71UoADqtkbsHshipCsIZSWLjJEW1P9kJ8OmszTEHW37g9jrcA5HHE8rIlFiN0tfV_yG_9J0jTZhEKThgpeV36i-U9ugV2U/s1600/Come+aumentare+la+tua+resilienza+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Quando si verifica un terremoto, ci sono persone che restano pietrificate dalla paura, incapaci di muoversi e di realizzare cosa stia accadendo, mentre altre si attivano per mettersi in salvo e organizzare i primi soccorsi.<br /><br />Immaginiamo di perdere il lavoro, subire un lutto, dover fronteggiare una malattia o un incidente grave. La maggior parte delle persone ha bisogno di tempo per metabolizzare questi eventi e, generalmente, senza l’aiuto di un professionista, non sempre riesce a ritrovare il proprio equilibrio psicologico. Altre persone, invece, mostrano una capacità apparentemente innata di adattarsi bene a tali situazioni.<br /><br />Qual è il loro segreto?<a name='more'></a> La “<b>resilienza</b>“.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">La parola “resilienza” deriva dal latino “resalio“, che, nel suo significato originario, indicava il gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalla forza del mare.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">In psicologia connota la capacità degli esseri umani di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà.<br /><br />E’ qualcosa di più rispetto alla semplice resistenza, in quanto implica una “ripartenza”.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Le persone con un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. L’esposizione alle avversità sembra rafforzarle piuttosto che indebolirle. Esse tendenzialmente sono ottimiste, flessibili e creative; sanno lavorare in gruppo e fanno facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze.<br /><br />L’individuo resiliente presenta inoltre tre caratteristiche psicologiche inconfondibili.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><b><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Forte ancoraggio agli obiettivi</span></b></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">E’ la capacità di persistere nel perseguire i propri obiettivi. Il verbo “persistere” indica l’idea di una motivazione che rimane salda, aiutando a superare gli ostacoli che si incontreranno sul cammino.<br />Colui che non perde mai di vista la meta, ha la capacità di concentrarsi completamente su ciò che sta facendo; è attivo e non spaventato dalla fatica; non abbandona facilmente il campo; è attento, vigile e orientato nello spazio e nel tempo; ha una visione reale delle difficoltà e delle risorse che incontra nel percorso.<br />Gli obiettivi di vita rappresentano qualcosa da raggiungere, per cui lottare e in cui credere, pertanto sono una fonte inesauribile di energia.<br /><br /><b><i>Locus of control</i> interno</b><br />Per <i>locus of control</i> interno s’intende la convinzione di essere padroni del proprio destino; la consapevolezza di poter dominare ciò che si fa ed essere responsabile dei propri successi e/o fallimenti (al contrario, le persone caratterizzate da <i>locus of control</i> esterno tendono a considerarsi in balia degli eventi e a ritenere vano ogni sforzo volto a produrre un’azione risolutiva).<br />Si tratta di un vero e proprio tratto di personalità che consente alla persona di dominare le diverse situazioni della vita, rendendola pronta a modificare anche radicalmente la strategia da adottare per il raggiungimento del traguardo.<br /><br /><b>Gusto per la sfida</b><br />Se per la maggior parte delle persone i cambiamenti vengono vissuti come minacce al proprio equilibrio, chi ha un’alta resilienza vede in essi un incentivo, un nuovo stimolo. Si tratta della disposizione ad accettare i nuovi eventi. La persona con questo tratto vede gli aspetti positivi delle trasformazioni e minimizza quelli negativi. Il cambiamento non è vissuto come una disgrazia da evitare a tutti i costi ma come un’opportunità di crescita. La persona generalmente è aperta alle occasioni e flessibile alle situazioni.<br /><br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Le caratteristiche appena descritte sono tratti di personalità di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">La resilienza è una qualità dell’essere umano che si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al modificarsi dei meccanismi mentali che la sottendono.<br /><b>Non si tratta di una caratteristica innata presente o assente in un individuo, ma di un’abilità che può essere allenata, attraverso comportamenti, pensieri e azioni che possono essere appresi da chiunque</b>.<br /><br />A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Il primo fra tutti è la presenza di relazioni affettive appaganti, con persone premurose e solidali.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Che si tratti di familiari, parenti, amici e/o colleghi, questo tipo di relazioni crea un clima di amore e di fiducia, e fornisce incoraggiamento e rassicurazione favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Altri fattori coinvolti sono:<br /><br />- buona conoscenza di sé stessi, consapevolezza dei propri mezzi e fiducia nei propri punti di forza;<br />- la capacità di porsi traguardi realistici e di pianificare passi graduali per il loro raggiungimento;<br />- saper gestire le emozioni e controllare gli impulsi, essendo disposti a riconoscere eventuali errori e a rivedere la strategia adottata;<br />- saper comunicare in modo efficace. </span></dt>
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Intervenendo anche su uno solo di questi fattori, si può accrescere notevolmente il proprio livello di resilienza.<br /><br />Ma in che modo?<br /><br />Esistono diversi strumenti per “misurare” e migliorare la aree della personalità e le abilità individuali.<br />In questa sede propongo un metodo, che chiunque può utilizzare autonomamente per <b>aumentare la conoscenza di sé e del proprio potenziale</b>.<br /><br />Munitevi di carta e penna e focalizzate la vostra attenzione sulle esperienze del passato.<br />Delimitate il campo agli avvenimenti importanti dell’ultimo anno.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Adesso, cercate di <b>rispondere a 7 domande</b>:<br /><br />1) quali eventi sono risultati particolarmente stressanti per me?<br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">2) in che maniera questi eventi mi hanno condizionato?<br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">3) nei momenti difficili ho avuto delle persone vicine a cui rivolgermi ed, eventualmente, ho trovato utile il loro aiuto?<br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">4) in quei momenti quanto ho appreso di me stesso e del mio modo d’interagire con gli altri?<br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">5) ho mai provato ad aiutare qualcuno che stava attraversando momenti difficili come quelli da me vissuti ed, eventualmente, è stato utile per me?<br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">6) sono stato capace di superare le difficoltà e in che modo?<br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">7) che cosa mi ha consentito di guardare con maggiore fiducia al mio futuro? </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"></span></dt>
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Vi accorgerete presto che rispondere a queste domande non è affatto scontato e richiede tempo e fatica.<br />Non scoraggiatevi se non riuscite a scrivere niente. Fate una pausa, prendete un bel respiro e riprovate.<br />Del resto, un allenamento che non comporta “sudore” non può nemmeno definirsi tale!<br /><br /><b>Più le risposte saranno complete e articolate, maggiori saranno i risultati</b>.<br /><br />La crescita personale è un processo graduale, che va affrontato un passo alla volta con realismo e umiltà.<br /><br />Ricordate che<b> avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita</b>.<br /><br />Le persone resilienti non sono infallibili ma disposti al cambiamento, quando necessario; accettano l’eventualità di sbagliare, ma consapevoli di poter correggere la rotta.</span></dt>
<br />
<div>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
<br />
<span style="color: white;"><span style="font-family: "verdana" , "sans-serif"; font-size: 9.0pt;"><span style="font-family: "verdana";">Articolo pubblicato su <span style="color: white;">L'AquilaOggi</span></span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">.</span></div>
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</dl>
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<div align="center">
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-69041335785338167652014-11-07T19:50:00.000+01:002016-09-28T23:24:28.423+02:00"Qualcuno vuole farmi del male!" - La storia di Andrea<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWJXw0QYB9FmJxeh5W2O21syft9wL6Yjt-n5_QzLTUi9ZXYXlgxCV8hc8bY6xC6BjotJMdSiwcSELPCjcCm2TSGb7dEYDAlGkWnRjjnkfkijvwGPOQD79DPJuIBtPDNCxv8IjV5n1FF18/s1600/Paura+di+essere+aggrediti+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+ROma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWJXw0QYB9FmJxeh5W2O21syft9wL6Yjt-n5_QzLTUi9ZXYXlgxCV8hc8bY6xC6BjotJMdSiwcSELPCjcCm2TSGb7dEYDAlGkWnRjjnkfkijvwGPOQD79DPJuIBtPDNCxv8IjV5n1FF18/s1600/Paura+di+essere+aggrediti+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+ROma+Avezzano.jpg" width="400" /></a></div>
</span></dt>
<dt><br /></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Andrea è un giovane studente universitario di poco più di vent’anni, che mi contatta a causa di una sopraggiunta totale inibizione nello studio, accompagnata da intense angosce persecutorie. Teme di poter subire aggressioni violente: verbali e non verbali.<br /><br />Studente fuorisede, condivide l’appartamento con altri ragazzi. Soprattutto quando si ritrova solo in casa, teme che qualcuno possa entrare dalle finestre o dalla porta per aggredirlo.<br />A volte questo pensiero diventa talmente persecutorio che lo costringe a chiudersi in camera, rannicchiato sul letto con la coperta fin sopra la testa.<a name='more'></a><br /><br />Fin dai primi incontri, appare molto critico e in aspro conflitto con sé stesso e con gli altri.<br />Che si tratti della famiglia, degli amici o dell’università, non riesce ad uscire da un assetto polemico.<br />In particolare non riesce a tollerare tutto ciò che gli sembra contrastare il suo processo di libera crescita e di maturazione individuale.<br /><br />Allo stesso tempo riconosce di avere egli stesso un atteggiamento passivo di base nei confronti del mondo.<br />Teme che questa passività possa caratterizzare il resto della sua vita e la imputa ai genitori, colpevoli, a suo dire, di averlo “tenuto per troppo tempo sotto una campana di vetro” e di averlo “trattato come un bambino”.<br /><br />Nel corso degli incontri successivi, perdurano a lungo le recriminazioni che lo oppongono alla realtà esterna, finché Andrea si lascia sfuggire un <i>lapsus</i>, invano corretto precipitosamente:<br /><br />“<i>E così mi opprime la fatica di dover crescere. No! Di crescere</i>”.<br /><br />Lapsus che segnala inequivocabilmente quanto per lui la crescita sia non soltanto oggetto di desiderio, ma anche un penoso dovere.<br /><br />Il conflitto con la realtà sociale, che viene consapevolmente esperito da Andrea, cela, quindi, un conflitto interiore, più segreto, che si gioca tra due desideri della stessa persona, entrambi vitali, ma fra loro incompatibili: l’emanciparsi definitivamente dalle prime figure di riferimento affettivo ed il protrarre il più a lungo possibile la dipendenza infantile nei loro confronti.<br /><br />Ecco allora che il sintomo principale per cui il ragazzo mi aveva contattato (paura di restare a casa da solo e di essere aggredito) assume il suo vero significato, ossia un tentativo inconscio di rimanere attaccato a quelle figure genitoriali di cui Andrea ha ancora bisogno, con relative difficoltà a gestirne la dipendenza affettiva.<br />I sintomi secondari (aggressività, ostilità, atteggiamento ipercritico nei confronti di sé e gli altri) sono invece spiegati dalla spinta al processo di autorealizzazione, tipica di quella fascia di età, che nel giovane ha però incontrato una battuta di arresto.<br /><br />Proseguendo il lavoro con Andrea sono state individuate le cause che hanno procurato tale blocco emotivo e, sciogliendo un nodo alla volta, è stato condotto un lavoro che ha permesso la risoluzione dei conflitti con sé stesso e con la realtà circostante.
</span></dt>
</div>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-41163503173878187472014-07-13T16:20:00.000+02:002017-05-06T23:47:05.450+02:00Perché un'immagine può fare tanta impressione?<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhq9TXg90YdXVAUM-gM0ZpcZl91oFLaIU_VX16HujVfzyJiRSgpNLwP3kSXpeBELXuEG6wn5j2YZnjns3J8OBfvqmruwFTt2qvZgelInsJB4eZvdNu6b-UdSkxGsLXuZPw-z3Z1CQQmkZs/s1600/Bufala+fiore+di+loto+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhq9TXg90YdXVAUM-gM0ZpcZl91oFLaIU_VX16HujVfzyJiRSgpNLwP3kSXpeBELXuEG6wn5j2YZnjns3J8OBfvqmruwFTt2qvZgelInsJB4eZvdNu6b-UdSkxGsLXuZPw-z3Z1CQQmkZs/s320/Bufala+fiore+di+loto+-+Riccardo+Cicchetti+-+Psicologo+Roma+Avezzano.jpg" /></a></div>
</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">F.: “Chiedo scusa per la richiesta d’aiuto un po’ inusuale . Ho visto nel pomeriggio un fotomontaggio (poi è stato dichiarato tale) nel quale c’era un enorme eruzione cutanea sul collo di una persona. In pratica era una “bufala”, trattandosi di un fiore di loto messo sulla pelle della persona. Ora io sono una persona abbastanza controllata, ma non riesco a togliermela dalla mente. Ho letto i commenti del post della foto e non dico la maggioranza, ma quasi tutti hanno avuto un turbamento emotivo. Come posso allontanare dalla mente quell’immagine (per favore)? Poi com’è possibile che solo una foto possa turbare la mente di tante persone? Grazie.<a name='more'></a> Le consiglio di non guardarla!”<br /><br /><br />Gentile F., conosco l’immagine a cui fa riferimento. Si tratta di uno dei tanti link diffusi in rete che conducono a siti contenenti dei malware e che, pertanto, le suggerisco di non cliccare.<br /><br />Recentemente lo stesso fotomontaggio è stato applicato all’immagine di una donna che presentava il finto sfogo (in realtà si tratta sempre dello stesso baccello di fiore di loto) in prossimità di un’ascella.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Lo scopo di tali immagini è proprio quello di colpire l’attenzione di chi si ritrova per caso a guardarle.<br /><br />Si tratta di una estremizzazione di uno dei concetti alla base del marketing: ogni persona ha delle motivazioni (desideri, paure, bisogni) e la pubblicità, per essere efficace, deve far leva su quelle motivazioni.<br /><br />Ad esempio le pubblicità dei profumi stimolano il desiderio di seduzione e di successo con l’altro sesso. In questo caso, l’immagine fa leva su una paura, forse una delle più profonde e radicate nell’inconscio collettivo, soprattutto per quanto riguarda le donne: la perdita della propria integrità fisica.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><br />E’ possibile rintracciare più fattori di paura nella stessa immagine.<br /><br />Paura di <b>perdita della salute</b>: la malattia può colpire chiunque, a qualunque età e può condurre alla morte. Un’immagine con un riferimento di questo tipo può turbare le <b>personalità ipocondriache</b>.<br /><br />Paura della <b>contaminazione</b>: un corpo estraneo, un altro essere vivente, un parassita si insinua nel nostro corpo contro la nostra volontà. Ci sentiamo violentati e impotenti. La sola idea che una cosa del genere possa capitare a noi può trasformarsi in un pensiero dominante, un’<b>ossessione</b>, che spinge a mettere in atto <b>rituali</b> e <b>comportamenti compulsivi</b>, come lavarsi continuamente le mani, grattarsi, esaminarsi.<br /><br />Paura del <b>danno estetico</b>: il pensiero di una bellezza rovinata, che non tornerà mai più come prima, produce un profondo senso di angoscia, soprattutto nelle persone che hanno difficoltà a separarsi da oggetti (tendono a conservare tutto) e ad <b>elaborare il lutto</b>; ma anche in chi è semplicemente insicuro sul proprio aspetto fisico.<br /><br />Paura della <b>trasformazione del corpo</b>: la “metamorfosi” è un concetto molto diffuso in Letteratura, che ha ispirato il campo dell’arte (Kafka) e del cinema (Cronenberg).<br />In psicologia l’adolescenza viene considerata come il periodo più critico nella vita di un individuo, proprio perché caratterizzata da evidenti trasformazioni del corpo e della personalità. L’esposizione ad immagini che trattano questo tema, può rievocare i <b>vissuti angosciosi adolescenziali</b>.<br /><br />Paura di <b>insuccesso sociale</b>: chi non si sente sano e “perfetto” come gli altri, vive nella paura di essere emarginato. Tenderà a comportarsi come se avesse qualcosa da nascondere e nutrirà il sospetto che gli altri, guardandolo, possano accorgersi dei sui difetti. Tenderà ad essere schivo e l’isolamento alimenterà ulteriormente la sensazione di insuccesso sociale.<br /><br />Paura dell’effetto “<b>fenomeno da baraccone</b>”: data la rarità e la spettacolarità dell’evento, si parlerà diffusamente della persona che ne è stata affetta. Tale sventurato, non solo non troverà conforto negli altri, ma finirà per trasformarsi nell’oggetto stesso delle loro paure. Non avranno paura solo della disgrazia che gli è capitata, ma avranno paura di lui.<br /><br /><br />Quelli appena elencati sono dei fattori generici. Va considerato che ogni individuo ha la sua storia e la sua personalità.<br /><br />Se lo stesso stimolo (in questo caso, lo stimolo visivo rappresentato da un’immagine) produce un effetto diverso sulle persone, è perché ognuno di noi investe di un significato emotivo diverso ciò che vede. Particolari periodi della vita, eventi specifici, traumi, persone importanti, possono essere evocati da stimoli diversi e far riaffiorare conflitti irrisolti.<br /><br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><b>COME REAGIRE?</b><br /><br /><b>Conoscere lo stimolo</b><br /><br />L’informazione conduce al disvelamento.<br />E’ la più semplice delle soluzioni, la più immediata e, spesso, la più efficace.<br />“La gente ha paura di ciò che non riesce a capire” (The Elephant Man).<br /><br />Reperire informazioni sullo stimolo, familiarizzare con esso, può squarciare il velo della paura. Ad esempio i bambini smettono di avere paura dei mostri quando comprendono che sono frutto della propria immaginazione.<br /><br />In questo caso, sapere che l’immagine rappresenta una situazione inventata ad arte (realizzata peraltro in modo grossolano), dovrebbe essere sufficiente a far svanire la paura di ritrovarsi nella stessa situazione.<br /><br /><b>Conoscere sé stessi</b><br /><br />Se conoscere lo stimolo può aiutare a neutralizzare il suo effetto turbante, conoscere sé stessi è la soluzione per imparare a gestire le proprie reazioni (pensieri intrusivi, gesti compulsivi, insonnia, incubi, angoscia…)<br /><br />Ad esempio, tra i fattori di paura sopra elencati, si potrebbe individuare quello più vicino alla propria personalità e porsi una semplice domanda: “Cosa sto facendo per migliorare la mia situazione?”<br /><br />Osservare i propri comportamenti e distinguere quelli volti a trovare una soluzione da quelli che non fanno altro che alimentare il disagio (“E’ meglio accendere una candela piuttosto che lamentarsi dell’oscurità”)<br /><br />Bisogna ricordare che per ogni problema esiste sempre una soluzione.<br /><br /><br />Se l’ansia e l’angoscia persistono, allora vuol dire che hanno un significato simbolico radicato nei luoghi più profondi della persona, che andrebbero esplorati con l’aiuto di un esperto.</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span>
</span></dt>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<span style="color: white;"><span style="font-family: "verdana" , "sans-serif"; font-size: 9.0pt;"><span style="font-family: "verdana";">Articolo pubblicato su <span style="color: white;">L'AquilaOggi</span></span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">.</span></div>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-34852168268277411422014-06-05T14:05:00.000+02:002016-09-28T23:28:01.079+02:00Usalo o lo perderai!<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0s0_NZjw66DZRS3TuHvCPoWuxYBSxyh6Z6PdR5tq3rR-N3l0yB8wYclcApJiihyzQ6IyY8z1q-l5Xw5DFcur2UGxZYvYH3gD1fE7oxBjDLg1HGLMGck2jBp9W8UE1FAXhLVHOY0aZ_XY/s1600/usalo+o+lo+perderai+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="172" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0s0_NZjw66DZRS3TuHvCPoWuxYBSxyh6Z6PdR5tq3rR-N3l0yB8wYclcApJiihyzQ6IyY8z1q-l5Xw5DFcur2UGxZYvYH3gD1fE7oxBjDLg1HGLMGck2jBp9W8UE1FAXhLVHOY0aZ_XY/s1600/usalo+o+lo+perderai+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" width="320" /></a><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><br /></span></div>
</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">Tempo fa, un gruppo di psicologi italiani realizzò un esperimento con dei bambini a pochi giorni dalla nascita.<br />A intervalli regolari di tempo, un adulto si poneva di fronte al bambino ed eseguiva determinate espressioni facciali, muovendo occhi e bocca, ed emettendo dei vocalizzi.<br /><br />Il risultato fu sorprendente: i bambini sottoposti agli stimoli audiovisivi presentavano nel tempo livelli di intelligenza superiori alla media.<br /><br />Fino a qualche decennio fa si credeva che ogni individuo nascesse con un numero determinato di neuroni, destinato a diminuire in modo irreversibile lungo il naturale processo di crescita e invecchiamento.<br /><br />Oggi sappiamo che adeguati stimoli ambientali non solo favoriscono lo sviluppo delle abilità cognitive nella fase di crescita ma ne contrastano il decadimento nella fase di invecchiamento.<a name='more'></a><br /><br />Questo è possibile grazie alla “plasticità” del Sistema Nervoso, ossia la capacità di modificare la sua struttura e la sua funzionalità in modo più o meno duraturo a seconda degli stimoli esterni a cui è sottoposto.<br />E’ per questa ragione che possiamo considerare l’esperienza come il fattore principale alla base dell’apprendimento. <br /><br />I geni ereditati dai genitori rappresentano sicuramente il punto di partenza per la formazione del cervello di un individuo, ma è l’esperienza, fin dalle prime ore di vita, a determinarne lo sviluppo.<br /><br />Gli psicologi conoscono bene il concetto di “zona di sviluppo prossimale”, secondo il quale l’apprendimento del bambino è possibile grazie all’aiuto degli altri.<br />E’ importante coinvolgere i bambini in attività ludiche, ricreative, formative, creative e socializzanti, che, oltre a conferire divertimento e soddisfazione, permettono al bambino di potenziare le sue abilità cognitive e di svilupparne di nuove.<br /><br />La plasticità del Sistema Nervoso, presenta tuttavia anche aspetti meno convenienti.<br />Qualcosa di appreso può essere infatti dimenticato se il cervello non viene sufficientemente stimolato.<br />Lo sa bene il pianista che non si esercita o chi decide di riprendere gli studi; ma anche chi torna a lavoro dopo periodi prolungati di assenza: si avrà la sensazione di andare a rilento rispetto agli standard a cui si era abituati.<br /><br />Il cervello non si consuma, i neuroni non si sprecano. Siamo programmati per essere attivi e dinamici.<br />Il Sistema Nervoso ha bisogno di lavorare per mantenersi vivo ed efficiente.<br />Usalo o lo perderai!</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> </span>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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</div>
</dl>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
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</div>
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-13567163178598736242014-06-01T12:49:00.001+02:002017-05-06T23:47:27.605+02:00Ti fai molti selfie? La verità è che non ti piaci abbastanza!<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWqzJypQ6ZPXem1fPiXd3yWUHwCQf8LRWKKpsom1N7aB47m6aSPjP6I36WAhDzTLzrr3xKHDQju5irMpOi4Bb2FDjfmjsmLiteuFRZanATdyqeEx1MeqrFWoG-CrrVE9uSRmugiOtUpWM/s1600/selfie+3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWqzJypQ6ZPXem1fPiXd3yWUHwCQf8LRWKKpsom1N7aB47m6aSPjP6I36WAhDzTLzrr3xKHDQju5irMpOi4Bb2FDjfmjsmLiteuFRZanATdyqeEx1MeqrFWoG-CrrVE9uSRmugiOtUpWM/s1600/selfie+3.jpg" width="400" /></a></div>
</span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"> Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole incremento dell’utilizzo dei social network su scala mondiale, soprattutto grazie alla diffusione degli smartphone, che consentono di essere sempre connessi, ovunque ci si trovi.<br />Trascorrere gran parte del tempo sui social è ormai una prassi consolidata per la maggior parte delle persone.<br /><br />Tali strumenti di comunicazione permettono di arricchire il testo con delle immagini, che spesso diventano il messaggio stesso.<br />Le foto che maggiormente canalizzano l’attenzione degli utenti sono i cosiddetti “selfie”<a name='more'></a><br /><br /><br /><b>Cos’è un selfie?</b><br /><br />Per i pochi che ancora non lo sapessero, con il termine “selfie” si intende una foto amatoriale realizzata da sé, generalmente eseguita con uno smartphone e caricata su un sito di social media.<br />Le immagini sono scattate sia con la fotocamera tenuta a braccio teso o attraverso uno specchio.<br /><br />A lanciare la moda sono state le star dello spettacolo, subito seguite dalla “gente comune”.<br />Migliaia di teenagers hanno inondato il web di foto scattate anche nelle stanze più insolite, intente ad eseguire una “Duck Face”: la smorfia con le labbra a “becco d’anarta”, resa celebre da personaggi come Paris Hilton, Kim Kardashian e Miley Cyrus. <br /><br /><br /><b>Cosa si nasconde oggi dietro al selfie?</b><br /><br />La dilagante mania di riempire i social con le proprie immagini, ha ispirato decine di studi scientifici.<br />Ci si è chiesti cosa spinga realmente una persona a scattarsi una foto e ad “offrirla” al pubblico.<br />A quale scopo? Con quali aspettative?<br /><br />Recentemente un gruppo di psicologi Statunitensi ha condotto una ricerca volta ad analizzare la relazione tra il tempo trascorso su Facebook e l’immagine che le ragazze hanno di sé.<br />Sono state coinvolte circa 900 studentesse di college americani ed i risultati sono stati sorprendenti. <br /><br /> </span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><b>La risposta</b><br /><br />Un primo dato significativo consiste nella chiara relazione emersa tra il tempo che le ragazze spendevano sul social network e la percezione negativa del proprio aspetto fisico.<br /><br />Altro aspetto importante è quello legato alle foto: il fattore che maggiormente coinvolgeva i soggetti nell’utilizzo dei social era rappresentato dalle foto dei propri amici e conoscenti.<br />Le ragazze subivano negativamente il confronto con le foto delle coetanee ed erano spinte da un lato a trascorrere molto tempo a guardarle, dall’altro a scattare e pubblicare proprie foto, esponendosi alla mania dei “selfie”.<br /><br /><br /><b>Aspetti Psicologici</b><br /><br />Alla luce di questo ed altri studi, è possibile affermare che le immagini degli amici esercitano una maggiore influenza rispetto a quelle di personaggi famosi, perché il confronto è più realistico.<br />L'attenzione alle caratteristiche fisiche può essere ancora più pericolosa sui social media che sui media tradizionali perché i partecipanti nei social media sono persone che conosciamo.<br /><br />Contrariamente a quanto si pensa, le persone dedite al selfie non sono affatto sicure si sé.<br />La ricerca assidua di commenti positivi alla propria immagine rappresenta il disperato bisogno di accettazione da parte di chi è insoddisfatto e necessita rassicurazioni sul proprio aspetto e, più in generale, sulla qualità della propria vita.<br /><br />Scattarsi una foto da soli e postarla su Facebook non è sempre un’azione serena di cui si condivide la gioia, ma può essere un gesto dettato dall’ansia di ricevere un riscontro positivo.<br /><br />E’ bene chiarire tuttavia che nessuno è totalmente immune da tale fenomeno e che lo stesso può assumere forme e livelli di gravità differenti.<br /><br />Ognuno di noi subisce infatti l’effetto di stereotipi e modelli culturali proposti dai mass media, che, per certi versi, svolgono una sana funzione sociale nell’ambito di una comunità, rafforzando il senso di appartenenza.<br /><br />Il problema nasce quando, senza rendersene conto, si finisce con l’emulare professionisti del settore (che della propria immagine hanno fatto un lavoro e una fonte di reddito), spinti dalla falsa convinzione che una bella foto farà avere maggiore successo tra le persone che si conoscono.<br />Tale dinamica, al contrario, conduce a perdere il contatto con la realtà della propria dimensione e ad aumentare le difficoltà relazionali.<br />Dispercezioni corporee, dismorfofobia e disturbi alimentari sono solo alcuni dei fattori di rischio a cui si va incontro.<br /><br /><br /><b>Quali soluzioni?</b><br /><br />Sebbene non ci sia niente di male nell’utilizzo dei social (in molti casi rappresentano un ottimo strumento per vincere la timidezza o semplicemente favorire la conoscenza di persone nuove), è opportuno ricordare che essi non rappresentano l’unico mezzo di socializzazione.<br /><br />Sarebbe pertanto auspicabile non perdere il contatto con forme di relazioni più fisiche e dirette, e con il senso delle esperienze condivise insieme.<br />Esse rappresentano un valido ancoraggio alla realtà e aumentano la consapevolezza dell’identità personale.<br /><br />Dunque, la prossima volta che avete un dubbio esistenziale o vi sentite semplicemente un po’ frustrati, ricordate che una passeggiata con una persona cara può dare molte più risposte di un “mi piace” a un vostro selfie!<br /> </span></dt>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<span style="color: white;"><span style="font-family: "verdana" , "sans-serif"; font-size: 9.0pt;"><span style="font-family: "verdana";">Articolo pubblicato su <span style="color: white;">L'AquilaOggi</span></span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">.
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-44422687114108504732014-04-23T14:27:00.001+02:002017-05-06T23:47:49.219+02:007 strategie contro l'alessitimia<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4QOtEHCNshoNcK4-vQDer9OC3ccsJNqufAfiJgMwy4SjB7YwS-hR9OROwVRBsNN8CEG2PeIdYNLmFNKEtbDECK1xXShqjrj_vm4g-Z_Z0rYs0vB_GZhg56sXaLm2fI-UmqcKAMjytU4A/s1600/7+strategie+contro+l'alessitimia+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4QOtEHCNshoNcK4-vQDer9OC3ccsJNqufAfiJgMwy4SjB7YwS-hR9OROwVRBsNN8CEG2PeIdYNLmFNKEtbDECK1xXShqjrj_vm4g-Z_Z0rYs0vB_GZhg56sXaLm2fI-UmqcKAMjytU4A/s320/7+strategie+contro+l'alessitimia+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
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<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">“<i>Give sorrow words: the grief that does not speak<br />whispers the o’erfraught heart and bids it to break</i>”<br /><br /> “Date parole al dolore: il dolore che non parla<br />bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi”<a name='more'></a><br /><br />(Machbeth, atto IV, scena III.)<br /><br /> </span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">In questi due versi Shakespeare è riuscito a condensare il concetto di alessitimia e le sue conseguenze sulla salute: è chiaramente presente l’importanza di “mettere in parole il dolore” e degli effetti che può avere su un cuore “sovraccarico” se questo non avviene.<br />Nel verbo “whispers” (bisbiglia) c’è tutto l’aspetto silenzioso e non eclatante del fenomeno, che si rivela in modo drammatico all’esterno soltanto quando è troppo tardi.<br /><br /><br /><b>Cos’è l’alessitimia?</b><br /><br />L’alessitimia (o alexitimia) è la difficoltà a riconoscere e ad esprimere emozioni e sentimenti.<br />Nella sua etimologia di derivazione greca, “a-lessi-timia” significa letteralmente mancanza di parole per le emozioni.<br /><br />Le emozioni hanno un’importanza fondamentale nella vita psichica di ognuno di noi. La loro corretta espressione è alla base della nostra salute.<br />Eppure esistono persone che presentano difficoltà in quella che dovrebbe essere una normale capacità dell’essere umano.<br /><br /><br /><b>Da dove nasce?</b><br /><br />Tra le cause principali, va considerata la relazione con i genitori durante l’infanzia, da cui dipende lo sviluppo psicoaffettivo di ogni individuo.<br /><br />Diversi studi hanno dimostrato che i bambini separati dai genitori, anche solo per brevi periodi, tendono ad ammalarsi più facilmente e presentano difficoltà a regolare le proprie emozioni.<br /><br />Oltre alla separazione, anche un attaccamento troppo forte, che si manifesta come un rapporto di tipo simbiotico soprattutto con la madre, può essere considerato un possibile antecedente dell’alessitimia.<br /><br />Nelle prime fasi di vita il rapporto con le figure di accudimento è fondamentale per sperimentare un’adeguata relazione affettiva e permettere al bambino di sviluppare le proprie abilità cognitive e la capacità di autoregolazione emotiva.<br /><br />Comunicare adeguatamente emozioni e stati d’animo altro non è che l’esito di un corretto processo di crescita.<br />Ma cosa accade quando questo processo incontra degli ostacoli?<br /><br /><br /><b>Come si riconosce?</b><br /><br />I bambini alessitimici presentano le prime difficoltà soprattutto a scuola.<br />E’ possibile riconoscere una situazione di rischio quando siamo in presenza di tali segnali:<br /><br />- espressione dell’emozione attraverso l’azione diretta;<br />- comunicazione verbale non connessa con lo stato d’animo;<br />- difficoltà di apprendimento sociale (difficoltà a rendersi conto del punto di vista dell’altro);<br />- incapacità di separarsi emotivamente dalla madre.<br /><br />Nell’adulto le difficoltà possono assumere forme diverse. Vi propongo alcune situazioni tra le più diffuse:<br /><br />Psicologo: “Come si sente in questo momento?”<br />Cliente: “Mi tremano le gambe”<br />Psicologo: “E cosa prova?”<br />Cliente “Non lo so. Che significa quando tremano le gambe?”<br />-<br />Psicologo: “Come si vede tra 10 anni?”<br />Cliente: “Non mi sono mai posto questa domanda.”<br />Psicologo: “E se le chiedessi di farlo adesso?”<br />Cliente: “Non riesco ad immaginare niente.”<br />-<br />Psicologo: “Come si è sentita quando le si è rotta l‘automobile?”<br />Cliente: “Ho proprio bisogno della macchina per accompagnare mia figlia a scuola”<br />-<br />Psicologo: “Com’è andata questa settimana? Ha discusso ancora con la sua compagna?”<br />Cliente: “Non molto bene, ho avuto i soliti giramenti di testa”<br /><br /><br />Negli esempi riportati appare chiaro come, oltre alla difficoltà di riconoscere ed esprimere le emozioni, si può verificare la tendenza a confonderle con le sensazioni corporee o a ricercare delle risposte che poco o niente hanno a che fare con il proprio “mondo interno”.<br />I processi di immaginazione sono deboli e la fantasia è scarsa; raramente ci si entusiasma o si mostra interesse per qualcosa.<br />Possono verificarsi esplosioni di collera o di pianto, senza tuttavia riconoscerne il motivo.<br />I sogni non vengono ricordati quasi mai e sono prevalentemente incubi.<br />La comunicazione è povera di sfumature, si tende a dare delle risposte normalizzanti (del tipo “va tutto bene”) e ogni comportamento sembra seguire una sorta di “manuale d’istruzioni”.<br />Nei casi più gravi, sono presenti difficoltà a riconoscere le emozioni dalle espressioni facciali. <br /><br /><br /><b>Conseguenze</b><br /><br />Una comunicazione poco efficace è l’aspetto più determinante nell’insorgenza di conflitti all’interno delle famiglie, nei luoghi di lavoro e nelle relazioni sociali.<br /><br />La difficoltà nel mostrare interesse per qualcosa tende ad indurre nell’interlocutore una sensazione di noia e/o di rifiuto.<br /><br />Se pensiamo all’ambito di coppia, l’assenza di un chiaro e libero scambio emotivo è il “sintomo” più evidente. La mancanza di condivisione si tramuta presto in assenza di progettualità.<br />L’alessitimico tenderà a farsi carico, in silenzio, di tutti i problemi esterni alla coppia e non riuscirà a percepire i conflitti interni, né a cogliere alcun tipo di segnale emotivo. <br /><br />Psicologo: “Come va la vita di coppia?”<br />Signor A: “Bene. Ho sempre lavorato e a casa non faccio mai mancare nulla”<br />Psicologo: “Mi riferivo alla vita affettiva. Andate d’accordo? Litigate?” <br />Signor A: “Va tutto bene. Mia moglie mi legge come un libro aperto.”<br /><br />Il partner, a sua volta, percepirà il silenzio e l’assenza di espressioni emotive come mancanza di interesse, e tenderà ad interpretare autonomamente i pensieri e le intenzioni alla base del comportamento dell’altro, attribuendogli stati d’animo spesso lontani dalla realtà.<br /><br />Signora B: “Mio marito non mostra mai interesse per quello che faccio. A volte sembra che faccia le cose per forza. Credo che, se gli importasse veramente di me, reagirebbe in modo diverso”<br /><br />Sul piano sociale e lavorativo, una persona alessitimica andrà incontro a difficoltà di inserimento e non riuscirà a creare una rete di relazioni efficace basate sullo scambio paritario.<br />Raramente coglierà i segnali provenienti dal gruppo e svilupperà una tendenza alla passività e all’adempimento. <br /><br /><br /><b>Cosa fare?</b><br /><br />Generalmente chi è alessitimico non si rende conto di esserlo finché non sviluppa un disagio più grave, come uno stato depressivo, o finché qualcun altro (il più delle volte il partner) non lo invita a contattare uno psicologo.<br /><br />Una volta presa coscienza della propria situazione, subentra la paura di non poter “guarire”.<br /><br />In realtà l’alessitimia non è un fenomeno del tipo “tutto o nulla”, come se si trattasse di un’incapacità assoluta a provare e ad esprimere emozioni. Come abbiamo visto, si tratta piuttosto di un deficit in un normale processo di crescita e apprendimento che inizia fin da bambini.<br /><br />La competenza emotiva, come tutte le abilità umane, può essere recuperata, allenata e migliorata. Vediamo insieme come.<br /><br /><br /><b>7 strategie</b><br /><br />La cosa migliore da fare è mantenere un saldo contatto con le proprie emozioni. A tal proposito, propongo 7 efficaci strategie: <br /><br /><b>1. Non vergognarsi di piangere o ridere.</b><br />Il riso e il pianto sono le forme più primitive e dirette di espressione emotiva; hanno inoltre il potere di allentare la tensione nervosa e producono un effetto analgesico sull’organismo.<br /><br /><b>2. Prestare attenzione a ciò che si ha intorno, viverlo a pieno e valorizzarlo.</b><br />La vita non è fatta solo di priorità: concedersi la possibilità di fermarsi a godere di un dettaglio non è affatto un “lusso che non possiamo permetterci”, soprattutto se lo condividiamo con qualcuno.<br /><br /><b>3. Esercitare la fantasia.</b>“Se lo puoi sognare, lo puoi realizzare”. (W. Disney)<br />Bisogni, progetti e desideri sono la linfa vitale della nostra esistenza. Non bisogna mai smettere di immaginare il proprio futuro, di vedersi proiettati in avanti, di chiedersi cosa si vorrebbe realizzare nella vita.<br /><br /><b>4. Prestare attenzione ai propri sogni e cercare di ricordarli.</b><br />I sogni sono l’accesso diretto al nostro inconscio e una preziosa fonte di informazioni su noi stessi, tuttavia il loro ricordo tende a svanire molto presto appena dopo il risveglio.<br />Può essere una buona abitudine quella di scriverli mentre sono ancora “freschi”.<br /><br /><b>5. Confrontarsi con una o più persone fidate, soprattutto sulle proprie debolezze.</b><br />“L’uomo è un animale sociale”. (Aristotele)<br />Non si può pensare di tenere tutto dentro sé stessi senza correre il rischio di esplodere. L’amicizia, così come il rapporto di coppia, si basa anche sul sostegno reciproco e sulla capacità di lasciarsi andare e “contenersi” a vicenda.<br /><br /><b>6. Tenere un diario.</b><br />Scrivere è un ottimo esercizio riabilitativo, che stimola le funzioni cognitive e “costringe” a riorganizzare pensieri ed emozioni; inoltre, rileggendo le pagine del passato, ci si potrebbe sorprendere dei progressi fatti nel tempo.<br /><br /><b>7. Chiedere aiuto.</b><br />A fronte dei rischi a cui si può andare incontro, un colloquio con uno psicologo rappresenta la soluzione più efficace.<br />Ad oggi c’è ancora una forte resistenza a riconoscere di aver bisogno di aiuto e la figura dello psicologo è associata alla “malattia mentale”. In realtà si potrebbe risparmiare molto in termini di sofferenza anche con una semplice e corretta informazione.<br />Ognuno di noi possiede delle innate abilità personali, basta solo “sbloccarle” e imparare a gestirle<span class="text_exposed_show">.</span></span></span></dt>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<span style="color: white;"><span style="font-family: "verdana" , "sans-serif"; font-size: 9.0pt;"><span style="font-family: "verdana";">Articolo pubblicato su <span style="color: white;">L'AquilaOggi</span></span></span></span>
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<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
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</td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-33846520076715160852014-04-22T21:55:00.000+02:002016-09-28T23:54:02.008+02:00Raccontarsi fa bene alla salute<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyg_rgCeWKfQBNKHZ9krYezR4uQEzzGAdfW5HbpMlJTLQ_RRQpo5j0mCODR9Umv2XfYF0zdV9vxLndO_leGY1cBPho5Sq0cPfFpWBwan7NhMrCIBILWv8g3FlQ7mw4Qob41dDr199qxf4/s1600/raccontarsi+fa+bene+alla+salute+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyg_rgCeWKfQBNKHZ9krYezR4uQEzzGAdfW5HbpMlJTLQ_RRQpo5j0mCODR9Umv2XfYF0zdV9vxLndO_leGY1cBPho5Sq0cPfFpWBwan7NhMrCIBILWv8g3FlQ7mw4Qob41dDr199qxf4/s320/raccontarsi+fa+bene+alla+salute+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
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<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">E’ ormai risaputo che le esperienze traumatiche espongono gli individui ad un più alto rischio di malattia.<br /> <br />
Nel corso degli anni diversi studi hanno evidenziato come la tendenza a
non parlare delle proprie esperienze di vita più sconvolgenti possa
portare ad una forma di inibizione comportamentale.<a name='more'></a><br /> Tale inibizione, oltre ad un marcato disagio psicologico, comporta<span class="text_exposed_show"> numerosi cambiamenti accertabili dei sistemi vegetativo, ormonale e immunitario, legati ad una maggiore incidenza di malattia.<br /> <br />
La Teoria psicologica alla base di tali studi sostiene che tradurre in
parole le esperienze da cui si è rimasti sconvolti abbia un impatto
positivo sullo stato di salute.<br /> L’atto di costruire storie è un
naturale processo umano grazie al quale gli individui arrivano a
comprendere le proprie esperienze e sé stessi. Questo processo consente
di organizzare e ricordare gli eventi in modo coerente e, nello stesso
tempo, di integrare pensieri e sentimenti, conferendo agli individui la
sensazione di poter prevedere e controllare la propria vita.<br />
L’attribuzione di senso agli eventi di vita e l’integrazione tra le
esperienze vissute e la percezione di sé sono infatti dei processi
indispensabili ai fini del mantenimento (e del recupero) dell’equilibrio
psichico. <br /> <br /> Un’ampia serie di ricerche ha mostrato che, quando
le persone riescono a tradurre in parole il proprio sconvolgimento
emotivo, la salute fisica e mentale migliora nettamente.<br /> <br /> Nello
specifico, nei soggetti a cui veniva chiesto di raccontare ad uno
psicologo un’esperienza traumatica vissuta, si riscontravano degli
abbassamenti significativi dei punteggi di ansia e depressione e un
incremento delle difese immunitarie.<br /> <br /> La maggior parte delle persone tende a fuggire o a restare intrappolata rispetto ai ricordi delle esperienze dolorose. <br /> <br />
Nel caso della fuga, si parla di modalità evitante, come uno sforzo
teso a pensare, ricordare il meno possibile l’evento, ad escludere dal
campo percettivo qualunque cosa possa ricordarlo (luoghi, persone,
oggetti, odori, film, brani musicali, ecc). Può comportare: inibizione
ideativa ed emotiva, negazione del significato e delle conseguenze
dell’evento, sensibilità ridotta, inibizione comportamentale.<br /> <br />
Nel secondo caso, si parla di modalità intrusiva, consistente
nell’incapacità ad escludere dalla coscienza il ricordo dell’evento
spiacevole. Può comportare: comparsa di pensieri ed immagini spontanee e
incontrollabili riguardanti l’evento, incubi, forti ondate di emozioni
dolorose, comportamenti ripetitivi.<br /> <br /> Le persone possono
oscillare da una posizione all’altra, ma si tratta di due modalità di
reazione entrambe disadattive ed entrambe alternative alla modalità di
reazione più sana: l’elaborazione<br /> <br /> Per questi motivi, la
facilitazione al confronto con l’esperienza traumatica e la sua
elaborazione, costituiscono il fondamento di ogni intervento psicologico
clinico efficace.</span></span>
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
</td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-79552974317091973012014-04-21T20:47:00.000+02:002016-09-28T23:54:33.985+02:00Mi sono bloccata con gli esami! La prego, mi aiuti!<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCTRzwZJt9uhxKSkUO8cZveUOuJ_XuOmsI60oTg7ZEkYdMn9KWV3FM4BXb9yyXK_0Tz2AGTeeCxhBgGbglFkgYhmcgYUaJzcgCXL6eidm9xL8aBMGGJ5kXdWMhkjk0YJkizgyzOQm2ao0/s1600/Mi+sono+bloccata+con+gli+esami+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCTRzwZJt9uhxKSkUO8cZveUOuJ_XuOmsI60oTg7ZEkYdMn9KWV3FM4BXb9yyXK_0Tz2AGTeeCxhBgGbglFkgYhmcgYUaJzcgCXL6eidm9xL8aBMGGJ5kXdWMhkjk0YJkizgyzOQm2ao0/s320/Mi+sono+bloccata+con+gli+esami+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
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<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">E’
questo il testo riportato nel modulo di contatto del mio sito web con
cui L mi chiede un appuntamento presso lo studio di psicologia ad
Avezzano.<br /> <br /> L è una ragazza estremamente avvenente e dall’aspetto curato in ogni minimo dettaglio.<br /> All’inizio del colloquio assume una postura fiera e sprezzante, di chi ostenta sicurezza e vuole dimostrare ch<span class="text_exposed_show">e non ha nulla da temere. Tuttavia l’aspetto appare rigido e innaturale<a name='more'></a>.<br /> <br /> Ha 23 anni e studia ingegneria meccanica all’Università de L’Aquila.<br />
Dopo essermi complimentato con lei, le faccio notare che si tratta di
una scelta poco frequente per una ragazza e le chiedo da cosa sia
motivata.<br /> L: “Ho fatto lo scientifico e, sin da piccola, sono sempre
stata portata per la matematica. Le materie sono dure e l’ambiente, a
prevalenza maschile, piuttosto spartano… (pausa)… ma a me piacciono le
sfide impossibili!”<br /> <br /> Ha sempre avuto un elevato rendimento
scolastico, ha acquisito la maturità scientifica con il massimo dei voti
e all’Università ha superato molti esami senza mai scendere sotto la
soglia di valutazione di 28/30.<br /> Tuttavia riferisce che, da un anno a questa parte, non è più riuscita a sostenere nemmeno un esame.<br /> <br />
E’ iniziato in modo graduale: un giorno non si sentiva sufficientemente
preparata e ha deciso di non presentarsi all’appello. Stesso esito per
quelli successivi.<br /> Adesso il solo pensiero dell’Università le suscita ansia, tanto da non poter più sopportare nemmeno la vista dei libri.<br /> <br /> R: “C’è qualcosa che la turba particolarmente in questo periodo?”<br /> L: “No! E’ proprio questo il punto: non c’è nessun motivo!”<br /> R: “Nessun motivo apparente…”<br /> L: “No! Nessun motivo e basta!”<br />
R: “Va bene, non volevo contraddirla. Le va se mettiamo un attimo da
parte il discorso dell’università e parliamo un po’ della sua vita?”<br /> <br /> L parla in modo superficiale di tutto ciò che la riguarda, senza soffermarsi sui dettagli.<br />
La sua vita sentimentale è stata caratterizzata da un unico e lungo
fidanzamento con un ragazzo, figlio di vicini di casa e storici amici di
famiglia, terminato quando L ha iniziato l’università.<br /> L: “Lui era
molto amorevole e pieno di premure nei miei confronti. Le nostre
famiglie erano contentissime. I miei genitori ci sono rimasti molto male
quando hanno saputo che lo avevo lasciato e ancora oggi non se ne fanno
una ragione. Un giorno li ho sentiti persino scusarsi con i genitori di
lui… (pausa) Sa com’è, ci tenevano tanto a diventare consuoceri”.
Accenna un sorriso e un’espressione vagamente accondiscendente.<br /> <br /> R: “Ha mai provato interesse per qualcun altro?”<br /> L: “No. Sinceramente sono piuttosto disillusa rispetto ai ragazzi di oggi…”<br /> R: “I ragazzi di oggi?”<br />
L: “Sì, non hanno valori, non hanno obiettivi… Ho lasciato il mio ex
perché era diventato appiccicoso e mi rallentava negli studi… non mi va
di… (silenzio) di cosa stavamo parlando, scusi? Mi sono persa…”<br /> R: “Parlavamo della sua vita”<br />
L: “Ah, sì… come le dicevo, sono una persona molto determinata, quando
fisso un obiettivo devo raggiungerlo a tutti i costi, per dimostrare a
me stessa che sono in grado di farcela, che valgo”<br /> R: “Dimostrare?”<br /> L: “Sì, è quello che ho detto”<br /> R: “Le va se parliamo un po’ della sua famiglia?”<br /> <br />
Dal colloquio emerge che L ha un fratello di due anni più grande, D,
che lavora saltuariamente come barman, e al quale sostiene di essere
molto legata.<br /> L: “E’ sempre stato il mio punto di riferimento, il
mio idolo. E’ un ragazzo molto bello, assomiglia a Johnny Depp, ha
presente? E’ sempre stato circondato da ragazze bellissime, tutte pazze
di lui. Sin da piccoli, mi ha aiutata a fare qualunque cosa. Sono
cresciuta con la certezza di poter contare su di lui in ogni momento,
perché lui riesce in tutto ciò che fa. Sa fare mille cose… ha iniziato a
lavorare a dodici anni e non si è più fermato… tutti i tipi di lavori:
ha iniziato come meccanico, poi pittore, giardiniere, PR, barman…”<br /> R: “Meccanico?”<br /> L: “Sì, ma non solo… Sa fare praticamente tutto!”<br /> R: “Non ne dubito! ” rispondo sorridente.<br /> L sorride a sua volta.<br /> R: “Ora che abbiamo chiarito quanto sia bravo suo fratello, posso farle una domanda?”<br /> L: “Certo!”<br /> R: “I suoi genitori sono contenti di avere una figlia così talentuosa negli studi? ”<br /> D’un tratto, torna seria.<br /> L: “Non lo faccio per loro, lo faccio per me.”<br />
R: “Sì, ma io le ho fatto un'altra domanda. Le ho chiesto in che modo i
suoi genitori hanno mostrato e mostrano interesse e apprezzamento per
la sua carriera universitaria.”<br /> L china il capo in avanti e tiene lo
sguardo fisso sulle dita che s’intrecciano freneticamente sulle sue
ginocchia strette. Resta in silenzio. Poi sussurra: <br /> “A loro non è mai importato niente di me…”<br /> R: “Sulla base di quali indicatori fa un’affermazione del genere?”<br />
L: “Hanno sempre avuto occhi solo per D. In casa, con i parenti e con
gli amici di famiglia, non facevano altro che parlare di D e di quanto
fosse bravo in tutto.”<br /> R: “Lei non si sente brava?”<br /> L: “No. Per quanto mi impegni e per quanto possa ottenere dei risultati, non sarò mai come lui.”<br /> <br /> R: “Poco fa, mentre parlavamo di D e di quanto i suoi lo elogiassero, ho notato che parlava al passato. Come mai?”<br /> L: “Non gliel’ho detto? D si è sposato ed è andato a vivere a Londra. Credevo di averglielo detto…”<br /> R: “E quando è accaduto, di preciso?”<br /> L: “Dunque, mi faccia pensare… circa un anno fa”<br /> R: “Ossia più o meno da quando lei ha iniziato a non sentirsi più in grado di sostenere esami all’università?”<br /> L: “Esatto, bravo!” esclama alzando di colpo la testa e guardandomi con gli occhi spalancati.<br /> (silenzio)<br /> Riabbassa la testa.<br /> (silenzio)<br /> Alza timidamente lo sguardo.<br /> L: “Lei crede che le cose siano collegate?”<br /> R: “Lei cosa pensa a riguardo?”<br />
L: “Non lo so… in questo momento mi sento confusa… sento come se mi si
stesse smuovendo qualcosa dentro… sono strane sensazioni… non so come
spiegarlo. Da un lato mi sto vergognando terribilmente e vorrei uscire
immediatamente da qui…”<br /> R: “…e dall’altro?”<br /> L: “Dall’altro
avverto una forte energia… sì, come una grande forza… mi sento una
leonessa… sento che potrei spaccare il mondo!”<br /> L’espressione è incredula.<br /> L: “Adesso vorrei fare tante cose… avverto una gran voglia di vivere!”<br /> Ora l’espressione è incuriosita.<br /> L: “Da che può dipendere?”<br /> R: “Avremo modo di parlarne la prossima volta.”<br /> <br />
Questa storia illustra come le dinamiche familiari svolgano un ruolo
fondamentale nel processo di (auto)determinazione personale.<br /> <br />
Fin dall’infanzia L viene a trovarsi in un contesto in cui è spinta a
farsi strada per ottenere l’amore dei genitori, che, evidentemente, non
viene percepito come incondizionato.<br /> Ben presto si delineano copioni
familiari, che tendono a cristallizzarsi nel tempo e che imprigionano L
nel ruolo della figlia pedissequa. <br /> A partire dalla scelta del partner, il ragazzo giusto per la famiglia, L intraprende la strada del compiacimento.<br />
Ciò le comporta un evidente, quanto rischioso, disinvestimento dalla
vita affettiva, con successiva perdita di interesse verso altri
possibili contesti relazionali appaganti.<br /> <br /> Una funzione
evidentemente centrale è svolta dalla figura del fratello che, fin
dall’infanzia, polarizza su di sé le attenzioni genitoriali, ma anche
quelle della stessa L.<br /> Se da un lato D è colui che le ruba la scena,
L idealizza nel tempo questa figura fino a farla coincidere con l’idea
stessa di successo.<br /> Lo studio “matto e disperatissimo” sembra veicolare un ancor più disperato grido d’aiuto: “Sono qua! Mi vedete?”<br />
Allo stesso tempo l’impegno e i risultati universitari la fanno sentire
vicina all’ideale introiettato di bravura e talento rappresentato dal
fratello. Si noti a tal proposito anche la scelta dell’indirizzo del
corso di laurea, molto vicina al primo lavoro intrapreso da lui. <br /> <br />
Il matrimonio di D, e la sua conseguente “uscita di scena”, rappresenta
un evento critico che mette in discussione l’impianto collusivo
familiare, fino a farlo crollare.<br /> Venendo meno la rivalità con il
fratello, simbolicamente viene meno la necessità di dimostrare a tutti i
costi il proprio valore attraverso la “sfida impossibile”
dell’università.<br /> Tuttavia, dal momento in cui tali dinamiche sono
rimaste totalmente inconsce e inesplorate, piuttosto che assistere ad un
approccio più libero e sereno allo studio, ciò di cui l’inconscio si
libera è solo l’obbligo del rendimento, mentre si acuiscono le
resistenze e il peso emotivo percepiti.<br /> <br /> Se è vero che la
partenza di D può rappresentare per certi versi un sollievo, essa
mette per la prima volta L di fronte alle sue responsabilità.<br />
Venendo meno D, viene meno l’alter ego di L. L’identità della
studentessa modello è andata in frantumi e ciò che resta è una ragazza
fragile, che non si sente mai pronta per affrontare un esame.<br /> <br /> Il lavoro con L è stato volto principalmente alla rielaborazione sul piano dell’identità personale.<br />
L ha imparato non solo a scegliere esprimendo sé stessa, ma anche a
gestire le difficoltà che comporta il decidere da soli, senza un copione
già scritto.<br /> <br /> L’intervento psicologico è durato complessivamente sei mesi.<br />
Nell’arco di questo periodo L ha scelto di non cambiare indirizzo di
studi e ha ripreso a dare esami con molto meno sforzo, pur ottenendo le
stesse ottime valutazioni.<br /> Dai primi incontri si è verificata
un’attenuazione dei sintomi dell’ansia, fino alla loro scomparsa,
avvenuta dopo i primi due mesi. <br /> Anche la postura è cambiata,
passando da un assetto più rigido ad uno meno contratto, che ha
conferito maggiore naturalezza e armonia al suo aspetto globale.<br /> <br />
A distanza di pochi anni ho ricevuto una sua email in cui mi informava
di essersi laureata con il massimo dei voti. Aggiungeva di aver trovato
finalmente l’amore e di aver da poco iniziato una convivenza.<br /> Ciò
che più la faceva sentire in bisogno di ringraziarmi era la sensazione,
da lei splendidamente descritta, di poter finalmente vivere a pieno il
godimento e la soddisfazione derivanti dalle sue scelte.</span></span>
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<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-44269884633951779532014-04-20T20:29:00.000+02:002016-09-28T23:56:00.603+02:00C'è sempre un'emozione alla base di un comportamento. La storia di P. e C.<table align="”center”" style="width: 100%;">
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<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcEuf68g8SzFMY-W-r3-xSdEe0GUVQgjkBu-T3NnIAosgq7JCuEPwmf7nkhUXX0KUck1jdEg-kbJn76MXnFGRWzfXhY5O_W5pIpeKmmLQjO7zl_biImMOC22tKYjEi9gtMzg9gtdGbCoo/s1600/famiglia-riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcEuf68g8SzFMY-W-r3-xSdEe0GUVQgjkBu-T3NnIAosgq7JCuEPwmf7nkhUXX0KUck1jdEg-kbJn76MXnFGRWzfXhY5O_W5pIpeKmmLQjO7zl_biImMOC22tKYjEi9gtMzg9gtdGbCoo/s320/famiglia-riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">P e C, due coniugi non più giovanissimi, hanno un figlio, V, di tre anni, nato dopo sei di matrimonio.<br />
Al momento in cui sono entrati nel mio studio è trascorso all’incirca
un mese dal giorno in cui C, sconvolta, ha denunciato P per
maltrattamenti nei confronti del figlio, a motivo dei quali il Giudice
Minor<span class="text_exposed_show">ile ha stabilito il momentaneo allontanamento del padre da casa.<br />
Il clima del primo incontro è di grande tensione<a name='more'></a>; la coppia mostra un
profondo senso di fallimento e disorientamento per ciò che è accaduto. C
e P oscillano tra momenti in cui prevale un forte senso di vicinanza e
momenti in cui, tra loro, sembra crearsi un forte baratro.<br /> C appare
come una persona dipendente, ma con risorse emotive inespresse; P come
una persona primitiva, con risorse limitate rispetto al controllo dei
propri impulsi e tendenza all’acting-out, come nell’episodio della
violenza su V.<br /> Dall’anamnesi di C emerge una sintomatologia anoressica, non trattata, tra i quattordici e i sedici anni.<br /> Da quella di P la presenza di diversi episodi con caratteristiche di acting-out, nell’adolescenza.<br /> <br />
P e C si conoscono sul posto di lavoro ed è “amore a prima vista”; una
gravidanza inattesa, dopo due mesi di fidanzamento, promuove la
decisione, mai espressa sino a qual momento, di sposarsi.<br /> E’ a
questo punto che compare per la prima volta un comportamento violento di
P nei confronti di C: nel corso di un’accesa discussione sul numero
degli invitati al matrimonio P le dà uno schiaffo.<br /> C: Quello schiaffo non me l’aspettavo e mi sembrò assurdo, ma l’avevo dimenticato, solo oggi mi è tronato in mente.<br />
Dopo tre mesi di matrimonio, trascorsi in un clima di grande tensione, C
ha un aborto spontaneo in seguito al quale nella coppia viene meno ogni
progetto o aspettativa genitoriale; il tema “figlio” scompare dal mondo
emotivo di P e C.<br /> P: La nostra vita tornò ad essere tranquilla, come se nulla fosse accaduto.<br /> R: Lei cosa provò?<br /> P: Un senso di liberazione. Non mi sentivo pronto per un figlio<br /> R: E lei, C?<br /> C: Non lo so. Ricordo pochissimo di quel periodo<br /> La seconda gravidanza segue la prima di sei anni ed è, come l’altra, inattesa.<br />
C: Per me fu una grande gioia, P però non mi sembrò per niente
entusiasta. Lo sentivo lontano, come la volta precedente, ma non dissi
nulla.<br /> <br /> Dai racconti dei coniugi emerge un susseguirsi di eventi luttuosi tra le due gravidanze.<br />
Dopo un anno di matrimonio muoiono inaspettatamente sia il padre di lui
che quello di lei; la nonna di C muore dopo una lunga malattia, che
aveva impegnato la nipote in una faticosa e sofferta assistenza.<br /> La
coppia sembra aver affrontato in modo solidale questi lutti; la
solidarietà e la complicità sembrano però svanire con la nascita di V.<br />
P: Ho sentito che nella nostra unione qualcosa si spezzava
irrimediabilmente. V l’ha interrotta per sempre… io comunque gli voglio
molto bene e non capisco perché oggi, in situazioni del tutto
tranquille, mi scatta una rabbia improvvisa.<br /> C: Quando è nato V ero
felice, lo desideravo da tanto tempo anche se non lo dicevo neanche a me
stessa. Quando era piccolo e fragile provavo delle emozioni che non
sentivo da anni.<br /> R: Le tenne tutte per sé queste emozioni?<br /> C: Avevo un forte senso di… pudore, ero… come rinata, ma sentivo anche un senso di colpa.<br /> R: Continui…<br />
C: Avevo la sensazione di tradire P, lui non provava gli stessi
sentimenti e questo non era mai accaduto, fino a quel momento provavamo
le stesse emozioni<br /> P: Quella pancia ci ha allontanati… mi sentivo colpevole… oggi mi ritrovo a picchiarlo senza ragione<br /> R: Una ragione apparente, intende dire.<br /> P: Non lo so, so solo che non c’è giustificazione che tenga per il mio comportamento.<br /> R: C’è sempre un’emozione alla base di un comportamento, dobbiamo solo capire qual è.</span></span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"> </span></span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"></span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"></span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"></span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show">C: Sì, ma io sono stufa, sono pentita della denuncia ma la colpa è solo
sua. Quella sera l’istinto di conservazione per me e per V mi ha fatto
andare dai carabinieri.<br /> P: Ha ragione, è colpa mia, ha fatto bene, me lo sono meritato<br />
P ha ricevuto un’educazione molto rigida; la sua vivacità infantile e
la sua irrequietezza adolescenziale sono state soffocate con punizioni
anche corporali. Nel racconto di P ci sono notazioni di comprensione e
gratitudine nei confronti del padre che lo avrebbe “salvato dalla
cattiva strada” ma non c’è traccia apparente di emozioni, anche quando
parla della madre, fortemente impegnata da un marito geloso, possessivo e
con pochi ritagli di tempo da dedicare al figlio.<br /> R: Cosa faceva sua madre quando suo padre la picchiava?<br /> P: Assisteva in silenzio<br /> R: Lei cosa provava nel vedere sua madre così immobile mentre suo padre la picchiava?<br /> P: Pensavo che… facesse bene, sentivo che non c’era altra soluzione, non volevo che lei ci andasse di mezzo<br /> R: Le ho chiesto cosa provasse, non cosa pensasse.<br /> P: Non lo so… nulla.<br /> <br />
La storia di C è quella di una bambina sola, che deve bastarsi perché
le attenzioni della madre sono tutte rivolte al marito, costretto su una
sedia a rotelle dall’età di otto anni. Quando la madre di C lo incontra
se ne innamora perdutamente, sfidando anche l’iniziale decisa
opposizione dei suoi genitori. Alla nascita di C la madre chiede alla
propria madre di venire a vivere con lei e le affida la figlia; la
nonna, dice C, la alleva con “grande senso di responsabilità”.<br /> <br /> R: Mi parli di sua nonna<br /> C: Era… come… una governante, con uno spiccato senso del dovere… non sentivo… amore da parte sua<br /> R: Sua madre cosa pensava del vostro rapporto?<br /> C: Diceva che ero fortunata ad avere due genitori che si amavano e una nonna tutta per me.<br /> R: E suo padre cosa pensava?<br /> C: Questo proprio non lo so, tutto quello che lui pensava veniva filtrato da mia madre, sembrava un ostaggio nelle sue mani.<br /> R: Perché un ostaggio?<br />
C: Non potevo avvicinarlo, sembrava gelosa… non so come dire… sembra
assurdo ma sembrava gelosa di un uomo in carrozzella, diceva sempre
“lascialo stare, lo disturbi!”.<br /> R: Sua nonna cosa pensava di questo rapporto?<br />
C: Con gli occhi di oggi, mi sembra lo proteggesse. Quando lui riposava
e non c’era mia madre mi costringeva a giocare in camera mia, così non
lo svegliavo. Quando arrivava mia madre mi diceva che dovevo lasciarli
in pace perché non si vedevano per tutto il giorno e la sera avevano
bisogno di stare soli. Mia nonna non cucinava niente che non fosse più
che gradito a mio padre.<br /> R: Quindi suo padre aveva due donne che si occupavano di lui?<br /> C: Sì, proprio così.<br /> R: E lei come si sentiva?<br /> C: Sola, molto sola. Una volta ho osato dirlo a mia madre, mi punì dicendomi che ero un’ingrata.<br /> R: Sua nonna la sentiva dalla parte di sua madre e suo padre?<br />
C: Mia nonna aveva avuto un figlio handicappato, che in tempo di guerra
aveva messo momentaneamente in istituto. Dopo pochi mesi bombardarono
l’istituto e mio zio morì. Da quel giorno, mia nonna non l’ha più nominato.<br /> R: Mi ha raccontato questo perché pensa che abbia a che fare con la dedizione di sua nonna per suo padre?<br />
C: Sì, l’ho pensato spesso da grande. Mio padre e mia nonna sono morti a
pochissima distanza di tempo, prima mio padre e poco dopo mia nonna. E
mia madre ricordo disse: “Questa volta nonna il secondo figlio maschio
non l’ha lasciato andare via solo, l’ha voluto seguire”. Mi colpirono
molto queste parole di mia madre… quel giorno ho capito perché mia nonna
aveva un rispetto sacrale per mio padre. Ho capito anche perché mi
sentivo così sola, a volte era… come se io non ci fossi, tutto girava
intorno a lui. Quella frase di mia madre mi ha fatto capire di colpo il
perché della mia solitudine.<br /> R: Lei provava a fare qualcosa per avvicinarsi a suo padre?<br />
C: I compiti. Solo in quel caso ero autorizzata ad entrare nella sua
stanza ed ero felice e… grata a mia nonna che non me lo impediva. E’
strano ma ho potuto avere mio padre per me solo negli ultimi momenti di
vita: mamma e nonna in quel momento, non so perché, sparirono ed io mi
sono trovata sola con mio padre. Ero serena ed oggi ne sono molto
contenta.</span></span></span></span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"> </span></span></span></span></span></dt>
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">Il
lavoro individuale con C attraversa momenti di grande coinvolgimento
emotivo e questo clima fa emergere forti emozioni anche in P.<br /> <br /> P: Anche mia madre amava molto mio padre.<br /> R: Tanto da non intervenire quando lei veniva picchiato?<br /> P: Sì, è così<br /> R: Si sentiva tradito?<br /> P: Non lo so, non poteva proteggermi.<br /> R: Dopo la consolava?<span class="text_exposed_show"><br /> P: Sì, ma di nascosto.<br /> R: Come si sentiva<br /> P: … (pensa)… non lo so.<br /> R: Forse un po’ tradito?<br /> P: … (pensa)… non lo so.<br /> R: Forse si sentiva solo?<br />
P: … (pensa)… sì, questo… sì, è proprio vero, ma era proprio questo che
mi faceva impazzire, mi sentivo in colpa perché mi sentivo solo,
pensavo che non potevo chiedere nulla a mia madre, anche lei aveva
paura, dovevo farcela da solo.<br /> R: Ora, ricordando, cosa prova?<br /> P: Mi sento molto… inquieto.<br /> R: E questo la preoccupa?<br /> P: Un po’, e… mi disorienta… sono… confuso… uscirei volentieri da questa stanza.<br />
R: Quando prova un’emozione lei mette subito in atto un comportamento
che la distoglie e le impedisce di sentire. Uscire dalla stanza è un po’
come picchiare V. Deve riuscire a fermarsi per rintracciare le
emozioni; come per esempio quella provata quando sua madre la lasciava
nelle mani di suo padre… Mi viene in mente che sua madre faceva
l’opposto di quello che fa oggi C… che protegge e difende il suo piccolo
quando lei lo vuole picchiare.<br /> P: Questa cosa mi fa impazzire. Non sopporto il suo… essere chioccia.<br /> R: Lei una chioccia non l’ha mai avuta e forse questo le provoca rabbia.<br /> P: … (piange)…<br />
R: Credo che lei abbia desiderato molto che sua madre, sfidando le
botte di suo padre, la proteggesse, come C fa oggi con V, che,
diversamente da lei, è così fortunato ad avere una madre protettiva,
calda e accogliente.<br /> <br /> E’ a questo punto che si apre uno squarcio
su un mondo emotivo inesplorato e inespresso: il desiderio, la rabbia,
il rancore, l’invidia di P, diventano emozioni da vivere e non da
evitare. Queste emozioni coinvolgono C e aprono nuove aree di dialogo
per la coppia.<br /> <br /> Nelle storie personali di P e C sono presenti vissuti di intensa sofferenza affettiva. <br />
Il padre di C occupava, con la sua menomazione, tutto lo spazio emotivo
della madre e riempiva il vuoto che la morte del figlio aveva prodotto
in sua nonna.<br /> P deve fare i conti con la propria solitudine e
disperazione per essere stato abbandonato dalla madre nelle mani di un
padre violento.<br /> C, sin da piccola, ha visto l’amore della madre
riversarsi tutto sul padre invalido; P ha vissuto e silenziosamente
sopportato l’incapacità della madre ad avvicinarlo con amore nei momenti
in cui avrebbe voluto essere protetto e difeso da un padre violento.<br />
Con il matrimonio si erano “promessi” di vivere l’uno per l’altra.
L’arrivo di V li coglie impreparati, disorientati, confusi e riaccende
antiche emozioni non elaborate.<br /> Per C la maternità ha rappresentato
un modo per “curare” antiche ferite e per provare una tenerezza tanto
grande quanto sconosciuta.<br /> Per P la paternità ha rappresentato il
ritorno dei fantasmi della solitudine e del “tradimento”; oggi però,
diversamente da allora, tenta di riconquistare lo spazio emotivo che V
gli sottrae. Entra, con prepotenza, nel rapporto madre-figlio ma si
sente ricacciato; allora entra con violenza e si sente colpevolizzato e
punito.<br /> Il lavoro con lo psicologo crea una trama narrativa sia
individuale che di coppia, che come un “ponte” connette comportamenti,
sentimenti e bisogni di allora con quelli di oggi</span></span>.
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-26441792774188839972014-04-19T15:08:00.000+02:002016-09-28T23:56:22.621+02:00Perché i sogni non si raccontanto<table align="”center”" style="width: 100%;">
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<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBniDqqSs8qj9WvwMsFFfPH3IjUMISFZoMn6kasAA4icruRJYQrphz834MKyDNHgIup7E0QkhM19AD0BUYMrB83mc97ZViNDODpQ3mL6lWLHtKF6IRedl2Y7qd9bB_3E2pZZPL6R8Nlo/s1600/Perch%C3%A9+i+sogni+non+si+raccontano+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBniDqqSs8qj9WvwMsFFfPH3IjUMISFZoMn6kasAA4icruRJYQrphz834MKyDNHgIup7E0QkhM19AD0BUYMrB83mc97ZViNDODpQ3mL6lWLHtKF6IRedl2Y7qd9bB_3E2pZZPL6R8Nlo/s320/Perch%C3%A9+i+sogni+non+si+raccontano+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
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<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">Più
volte capita che persone conosciute al di fuori del contesto lavorativo,
venute al corrente della mia professione, sentano l’esigenza di
raccontarmi i propri sogni, chiedendomene una subitanea interpretazione.
<br /> Magari ci si trova in compagnia di fidanzati, familiari e/o amici, in un contesto pubblico e affollato.<br /> <br /> Ebbene, permettetemi di dire: non funziona c<span class="text_exposed_show">osì<a name='more'></a>.<br /> <br /> I sogni non si possono violare in questo modo.<br /> Essi rappresentano la parte più intima di noi stessi. Sono l’accesso diretto al nostro inconscio.<br /> Custodiscono segreti spesso inconfessabili e che nemmeno conosciamo.<br /> Perché consegnarli alla mercé di chiunque?<br /> Dobbiamo invece proteggerli e imparare a interpretarli con cautela e rispetto, perché è di noi stessi che stiamo parlando.<br /> <br />
La funzione di base del sogno è quella di scaricare la tensione
nervosa, tramite una sorta di “allucinazione sana” che ha lo scopo di
appagare i nostri desideri profondi.<br /> <br /> Se nel bambino è più
facile rintracciare questa matrice (i bambini di solito sognano di
giocare, essere coccolati e mangiare cose buone), nell’adulto la maggior
parte dei desideri risulta incompatibile con i dettami della società,
con la nostra vita relazionale e con l’idea che abbiamo di noi stessi;
pertanto viene “censurata”.<br /> <br /> Il primo passo per conoscere il
significato di un sogno consiste allora nel non soffermarsi solo su ciò
che si ricorda (contenuto onirico manifesto) né su ciò che si prova al
momento e del risveglio (gioia, paura, disgusto, rabbia, ecc).<br /> Il
vero significato del sogno è in ciò che ne ha prodotto la
rappresentazione stessa: la sua forza motrice, la sua vera natura
(contenuto onirico latente).<br /> Ecco perché nell’adulto il significato reale del sogno non corrisponde mai a quello manifesto.<br /> <br />
Se ben utilizzati, i sogni possono ispirare e orientare le nostre
azioni. Possono condurci verso l’individuazione della nostra vera
identità.<br /> <br /> In ambito psicologico clinico, essi rappresentano un
valido ausilio per prendere coscienza dei propri bisogni e desideri,
entro un contesto protetto e lungo un percorso di crescita personale e
autorealizzazione.<br /> <br /> Se male utilizzati, rischiano invece di
rivelare, inutilmente e inopportunamente, dettagli sui nostri impulsi
sessuali, aggressivi, sadici, masochisti, omicidi, suicidi,
trasgressivi, incestuosi, omosessuali, omofobi, xenofobi, misogini,
feticisti, esibizionisti… e così via (l’elenco sarebbe davvero lungo).<br /> <br />
Tali impulsi sono evidentemente incompatibili con l’IO, pertanto
vengono censurati e trasformati in contenuti più accettabili per la
nostra coscienza, che andranno a comporre quella che diventerà la trama
del sogno (contenuto manifesto). <br /> Al nostro risveglio potremmo “non
vedere niente di male” nei contenuti che ricordiamo, così come potremmo
provare emozioni fuorvianti rispetto agli stessi. Mentre il vero
contenuto emotivo, censurato e ben nascosto, se ne sta lì mascherato.<br /> <br />
A questo punto sarà chiaro che, anche se nel sogno ha assunto la forma
di un contenuto apparentemente “innocente”, un desiderio inconscio
censurato sarà verosimilmente censurabile anche per le persone che
abbiamo accanto.<br /> <br /> Pensateci bene, dunque, prima di annunciarlo con voce squillante dentro un ristorante!</span></span>
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
</td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-91542598016681206762014-04-18T14:45:00.001+02:002016-09-28T23:45:13.481+02:00Sulla violenza nella coppia<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghleSmFUaxUh45ZEsjgw31s0KNrpmbz-BcSEizQ49T_GfFWG5EaOIITZsLMxbREyLxiLnZ3Hz3ryQy9awNEYgYobKQf2AG4tw9g4IdP7RjfEiMzcOjcRcj1ikN24ewTjEPnjehHBKGGa4/s1600/Sulla+violenza+nella+coppia+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghleSmFUaxUh45ZEsjgw31s0KNrpmbz-BcSEizQ49T_GfFWG5EaOIITZsLMxbREyLxiLnZ3Hz3ryQy9awNEYgYobKQf2AG4tw9g4IdP7RjfEiMzcOjcRcj1ikN24ewTjEPnjehHBKGGa4/s320/Sulla+violenza+nella+coppia+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">Nel
corso di conferenze, seminari, incontri a tema e colloqui in studio, le
osservazioni più comuni che mi vengono mosse, quando affronto il tema
della violenza nella coppia (meglio nota come “violenza domestica”)
vertono principalmente su un unico aspetto:<br /> “Perché la donna non si ribella?”<br /> “Perché accetta tutto questo passivamente?”<br /> “Perché non lo lascia?”<br /> “Perché no<span class="text_exposed_show">n si difende?”<a name='more'></a><br /> <br /> Analogamente, se proviamo ad assumere la prospettiva dell’uomo che esercita violenza, viene da chiedersi:<br /> “Perché picchia la sua compagna, pur sostenendo di amarla?”<br /> “Come può arrivare un uomo a scagliarsi in quel modo contro una donna?”<br /> <br />
La risposta a tali domande comprende trattazioni profonde di dinamiche
intrapsichiche e relazionali, che variano a seconda degli specifici
contesti in cui avvengono e in cui vengono discusse.<br /> <br /> Spesso si aprono dibattiti tanto appassionanti quanto conflittuali e dolorosi.<br />
Ci appassioniamo alla difesa della donna e ci addoloriamo di fronte
agli episodi di violenza, tanto da arrivare a rifiutarne ogni forma di
spiegazione, come a volerne respingere l’esistenza stessa.<br /> <br /> In questa sede, senza alcuna pretesa di esaustività, mi limiterò ad un’unica considerazione:<br /> <br /> “La paura di perdere la persona amata può condurre a perdere noi stessi”</span></span>.
</span></dt>
</div>
</dl>
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<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
</td></tr>
</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-8197579988477962582014-04-17T12:35:00.000+02:002016-09-28T23:56:59.662+02:00L'amore che trascende i bisogni. La storia di K e B<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiVa9rRzPqEaS9KbLDPBW7UAkZHMRnVvf5j8a962Oz39L489y8NwvGRTFH9DL0u7TQH1aD0Z7RYlIfd0efX_1HTTPN5WYYsjXhpiGAlyD6hwvlt7EufTx6pR3lnm6RBrSVw9SYKDrbmnk/s1600/L'amore+che+trascende+i+bisogni+la+storia+di+k+e+b+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiVa9rRzPqEaS9KbLDPBW7UAkZHMRnVvf5j8a962Oz39L489y8NwvGRTFH9DL0u7TQH1aD0Z7RYlIfd0efX_1HTTPN5WYYsjXhpiGAlyD6hwvlt7EufTx6pR3lnm6RBrSVw9SYKDrbmnk/s320/L'amore+che+trascende+i+bisogni+la+storia+di+k+e+b+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">“Buonasera, signor K. Nella sua email richiedeva una consulenza di coppia, come mai è venuto da solo?” domando al signor K.<br /> <br /> Lui allarga le braccia sconsolato e in cerca di conforto risponde sospirando:<br /> “Eh… che vuole che le dica, B è fatta così. Arriva sempre tardi agli appuntamenti e non si può fare affidamento su di lei”<br /> <br /> “Non siete partiti d<span class="text_exposed_show">a casa insieme?”<a name='more'></a> gli domando <br /> <br /> “Dal lavoro” mi corregge<br /> <br /> R: “Ah, ora è chiaro. Giustamente, lavorando in luoghi diversi e con orari diversi…”<br /> <br /> K: “No no… lavoriamo nella stessa azienda e abbiamo gli stessi orari”<br /> <br /> R: “E come mai non siete venuti insieme, allora?”<br /> <br /> K: “Gliel’ho detto: B. arriva sempre tardi agli appuntamenti e io non volevo fare brutta figura”<br /> <br /> “Quindi ha pensato bene di non aspettarla…” sussurro più o meno ad alta voce<br /> <br /> Lo faccio accomodare e il suo telefono inizia a squillare.<br />
Lui, prima di rispondere lo lascia squillare ad alto volume,
sottolineando con delle smorfie del viso la sensazione di fastidio che
tale rumore provoca nello studio.<br /> K: “Lo vede? Che le dicevo? E’ B!”<br /> <br /> R: “Non crede che sia il caso di rispondere, allora?”<br /> <br /> Dopo aver indugiato ulteriormente con espressioni di disapprovazione, K risponde al telefono.<br />
B si era persa e non trovava lo studio (in realtà non sapeva bene dove
fosse, visto che era stato K a contattarmi) ma K, piuttosto che fornirle
indicazioni stradali, inizia a rimproverarla:<br /> “Guarda che io e il dottore stiamo aspettando te!”.<br /> <br />
K e B stanno insieme da tre anni. Mi hanno contattato perché vorrebbero
“far fare un salto di livello” alla loro relazione, che nell’ultimo
anno, oltre a non fare progressi, ha presentato forti momenti di crisi.<br /> <br /> Si sono conosciuti sul lavoro ed è stato un ”colpo di fulmine”. La loro è una storia passionale basata soprattutto sul sesso.<br /> Sono entrambi dirigenti ma K ricopre un ruolo “più alto” e, per il primo anno, è stato anche il supervisore di B.<br /> La loro relazione ha causato da subito problemi sul posto di lavoro, perché contraria alle politiche aziendali.<br /> Col subentrare delle prime accese e, a volte, violente discussioni, sono stati trasferiti di reparto.<br /> <br />
Mi spiegano che si amano e vorrebbero avere un figlio, perché sentono
di essere fatti l’uno per l’altra, ma, se all’inizio tutto ciò che
condividevano era il sesso, ora passano la maggior parte del tempo a
litigare, giungendo spesso a picchiarsi.<br /> <br /> B accusa K di non
voler assumere un impegno formale, mentre K accusa B di essere una
persona sulla quale non poter fare affidamento.<br /> <br /> B lamenta il fatto di avere poco spazio nella vita di K.<br /> Al di fuori del lavoro si vedono solo in tarda serata per fare l’amore e/o per litigare.<br /> <br />
K sostiene di non avere alcun problema ad impegnarsi con B, altrimenti
non le avrebbe proposto né di fare un figlio, né di andare insieme dallo
psicologo. Se ciò non avviene è solo perché B è una persona immatura e
inaffidabile.<br /> <br /> Quando chiedo con chi vivono, scopro che B vive con sua madre e le sue sorelle, mentre K vive con sua moglie e sua figlia.<br /> <br /> “Quindi lei ha una moglie e una figlia ma vorrebbe intraprendere un percorso psicologico di coppia con B?” domando al signor K.<br /> <br />
K: “Dottore, guardi che con mia moglie non faccio più sesso da anni!
Ormai le voglio bene come fosse una sorella. A casa ci sto solo per
mangiare, dormire, avere i vestiti puliti e stirati… accompagnare mia
figlia a scuola e a danza, guardare la tv sul divano… queste cose banali
di tutti i giorni insomma. La vera passione c’è solo con B; quindi si
può dire che la mia vera vita sia quella con B. Anzi, con mia moglie
sono spesso insofferente, le permetto di occuparsi di me solo perché mi
fa pena. Ma lei lo sa che io e B stiamo insieme.”<br /> <br /> R: “Sulla base di cosa afferma che lei B state insieme?”<br /> <br /> K: “Gliel’ho appena detto… la passione. Io mi sento vivo solo quando sto con B.”<br /> <br /> R: “E lei ritiene che questo sia sufficiente a fare di voi una coppia?”<br /> <br />
K: “Ma noi SIAMO una coppia! E’ evidente! Ci AMIAMO, abbiamo un’ottima
intesa sessuale, per me B è la persona più importante del mondo e tutto
il resto non conta”.<br /> <br /> R: “Con chi ha trascorso l’ultimo Natale?”<br /> <br /> K: “Con mia moglie e mia figlia”<br /> <br /> R: “Con chi ha festeggiato il suo ultimo compleanno?”<br /> <br /> K: “Con mia moglie e mia figlia… perché?”<br /> <br /> R: “Con chi è andato in vacanza la scorsa estate?”<br /> <br /> K: “Con mia moglie e mia figlia… ma l’ho fatto solo per mia figlia… che c’entra? Non capisco dove vuole arrivare…”<br /> <br /> R: “Attualmente qual è il luogo che lei definirebbe casa sua?”<br /> <br /> K: “In che senso?”<br /> <br /> R: “…”<br /> <br /> K: “Casa mia, con la mia famiglia.”<br /> <br /> R: “Appunto, con la sua famiglia.”<br /> <br />
R: “Adesso veniamo a lei, B. Suppongo che se le rivolgessi le stesse
domande che ho rivolto a K, lei risponderebbe “con mia madre e mia
sorella”, dico bene?”<br /> <br /> B: “Sì.”<br /> <br /> R: “Se vi chiedessi di
volgere lo sguardo al futuro, riuscireste ad immaginare uno scenario in
cui condividere tali esperienze insieme?”<br /> <br /> K e B: “No”<br /> <br /> R: “Cosa ve lo impedisce?”<br /> <br />
K: “Come le ho detto, per quanto mi riguarda, non le ritengo delle cose
fondamentali per una coppia. Io con B sto già bene così. L’unico
problema è che ultimamente litighiamo più del solito… E poi non potrei
mai sottrarre del tempo a mia figlia”<br /> <br /> B: “Mia madre mi ha detto
che finché K non lascia sua moglie io non devo impegnarmi con lui, e
penso che abbia ragione. Inoltre sta anche poco bene di salute e non me
la sento di lasciarla sola con mia sorella”<br /> <br /> R: “Allora potete
continuare a vivere l’illusione di una storia d’amore fantastica,
trascendendo ogni elemento di realtà, nata con un colpo di fulmine e
culminante con la creazione del figlio dell’amore, che risolverà tutti i
vostri problemi, oppure iniziare a rendervi conto che la vostra
identità si definisce sulla base delle esperienze che condividete e
progettate entro una relazione e che assumono un senso entro un contesto
dal quale non si può prescindere.<br /> <br /> Entro quest’ottica noterete
anche che gli atteggiamenti che mettete in atto (arrivare prima dallo
psicologo per dimostrare che l’altra è inaffidabile; invocare la
garanzia della separazione come condizione per poter procedere nella
storia d’amore) non sono altro che pretesti che vi consentono
implicitamente di rimanere ancorati allo status quo e vi tutelano dalla
paura di affrontare un cambiamento necessario sul piano dell’identità.<br /> <br />
E’ evidente che la moglie e la figlia di K, e la madre e la sorella di
B, soddisfano dei bisogni individuali fondamentali che, non trovando
espressione nella coppia, vengono negati (i propri) e considerati come
elemento di disturbo (quelli altrui).”<br /> <br /> K e B hanno scelto la seconda opzione.</span></span>
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
<div align="center">
</div>
</td></tr>
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-64393347766470327752014-04-16T12:20:00.000+02:002016-10-08T13:05:13.721+02:00Condannata per sempre. Il caso di M.<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_GeHnzHccGteeF9HqT5GwO29JtaAD49ebaelY45vJbqJDvfoS88DXmUp2Fs1bDfGc1mk_i-GW4p9HDur6x0VOiUy1cq1J69Jr25MwonnWkNYP0cfH3ONgeTpWO-o_iSI4RWPwps9J2qQ/s1600/Condannata+per+sempre+il+caso+di+M+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_GeHnzHccGteeF9HqT5GwO29JtaAD49ebaelY45vJbqJDvfoS88DXmUp2Fs1bDfGc1mk_i-GW4p9HDur6x0VOiUy1cq1J69Jr25MwonnWkNYP0cfH3ONgeTpWO-o_iSI4RWPwps9J2qQ/s320/Condannata+per+sempre+il+caso+di+M+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">M. è una ragazza di 18 anni. Mi
contatta perché ogni sera si ritrova seduta sul letto a piangere, con
la sensazione di non riuscire a respirare e con fitte intercostali,
accompagnate da un forte vissuto di inadeguatezza, veicolato da pensieri
intrusivi del tipo: “Sono malata mentalmente”; “Non sarò mai normale”;
“Non avrò mai una vita felice”; “Sono condannata per sempre ad avere una
t<span class="text_exposed_show">esta che non funziona”.<br /> Inoltre sostiene di avere dei gravi problemi di coppia<a name='more'></a>.<br /> <br /> E’ proprio dal primo incontro che M. fa del suo rapporto di coppia l’argomento esclusivo del colloquio.<br /> Ha una relazione semi-clandestina con un uomo di 45 anni.<br />
A detta della ragazza, la differenza di età starebbe a certificare la
sua “anormalità”. La tesi alla base del suo ragionamento è: “Se fossi
normale, non starei con un uomo così grande”.<br /> <br /> Reagisce con
stupore quando le faccio notare che la sua lettura non può essere così
scontata, e inizia ad irritarsi quando affermo esplicitamente di non
condividere nemmeno una parola di tale affermazione.<br /> <br /> L’uomo in
questione non è sposato e non ha figli. Non frequenta altre donne e
sostiene di essere profondamente innamorato. Non è mai stato violento,
neanche verbalmente. Lavora e ha uno stile di vita regolare. E’ sempre
disponibile con M. e vorrebbe esserle accanto in ogni momento della sua
vita, tanto che le ha parlato più volte del suo desiderio di creare una
famiglia insieme.<br /> <br /> M. dichiara di non essere innamorata e, in
ogni caso, di non voler prendere minimamente in considerazione l’idea di
matrimonio e figli.<br /> <br /> Non riesce tuttavia a staccarsi da lui
perché sostiene che la fa sentire bene, anche se non è in grado di
spiegarmi in che modo, né riesce a riportare un solo esempio riferito ad
un episodio realmente accaduto che possa rappresentare lo stare bene
insieme.<br /> <br /> Le faccio notare che, piuttosto che sentenziare su sé
stessa e sul suo rapporto di coppia, servendosi di categorie sterili e
stereotipate del tipo “normale/anormale”, sarebbe utile partire da una
domanda: “Se non ne sono innamorata, perché sto con lui?”<br /> <br /> Ad
ogni modo, per quanto M. possa trovare difficile confrontarsi con una
simile domanda, tale difficoltà, da sola, non basta a spiegare i sintomi
descritti.<br /> <br /> Sin dai primi incontri mostra resistenze nel parlare della famiglia.<br /> <br /> Quando le chiedo informazioni sul padre, M. smette di parlare e non riesce a trattenere le lacrime.<br /> <br />
Penso tra me e me che finalmente ci siamo, ma le crisi di pianto mi
impediscono di poter indagare sulla figura paterna, men che meno sul
rapporto padre-figlia.<br /> <br /> Ogni volta che provo a fare un passo, M.
dice che non sta piangendo per le mie domande, poi si irrigidisce e
sostiene che secondo lei stiamo andando fuori strada, perché lei è
venuta da me per affrontare un problema di coppia e io non la starei
aiutando.<br /> <br /> Vista l’intensa emotività che esplode appena si tocca
l’argomento, e le evidenti difese messe in atto, decido di non forzare
la mano e di rispettare i suoi tempi.<br /> <br /> Un giorno però le faccio
notare che, se puntualmente inizia a piangere ogni volta che evoco il
padre, deve esserci un motivo, che meriterebbe di essere esplorato
insieme.<br /> <br /> Mi risponde che se ne rende conto, ma sostiene di non sapere perché piange.<br /> <br /> E’ una prima ammissione, un primo segno di apertura.<br /> Siamo ad un passaggio cruciale, che può rappresentare la svolta oppure la rottura della nostra relazione clinica.<br />
Ne sono consapevole, ma sono costretto a tenermi le mie constatazioni,
perché M. smette di venire in studio e non risponde più al telefono.<br /> <br />
A distanza di sei mesi ricevo un SMS: “Dottore, sono M., si ricorda di
me? Volevo sapere se è possibile riprendere gli incontri… sempre se per
lei va bene. La prego, ho bisogno d’aiuto!”<br /> <br /> Accogliere un
“ritorno” implica un lavoro differente: bisogna essere più espliciti e
direttivi, chiarire subito i punti forza del percorso precedente, ma
soprattutto i punti deboli. Avere chiaro cosa è venuto a mancare, cosa
non ha funzionato e domandarsi con la massima sincerità cosa potrebbe
esserci di diverso questa volta. <br /> M. mi ascolta attentamente; ha gli
occhi bene aperti, l’espressione di ammirazione e accompagna con un
cenno del capo ogni mia parola.<br /> Attende che finisca di parlare e poi esclama: “Aveva ragione! Adesso sono pronta!”<br /> <br /> Durante la sua infanzia, M. era stata abusata dal padre.<br />
Seppur tardivamente, l’ammissione a sé stessa, l’apertura allo
psicologo e la forte motivazione a parlarne, mi hanno permesso di
intraprendere con M. un lavoro orientato alla elaborazione del trauma,
che ha avuto la durata complessiva di circa un anno.<br /> <br /> Contemporaneamente è stato possibile analizzare i risvolti dei principali elementi che ruotavano attorno al trauma.<br /> <br /> Per motivi di privacy e di sintesi espositiva, riporto solo l’interpretazione legata alla scelta del partner.<br /> <br /> In questo contesto il partner grande (di età) rappresentava un tentativo di compensazione.<br />
Attraverso il controllo dell’uomo più grande di lei, esercitato con il
suo fascino e la sua giovane femminilità, M. si illudeva di poter
controllare l’immagine dell’uomo violento che in passato l’ha sovrastata
con la sua grandezza.<br /> <br /> La difficoltà nel separarsene ha un valore simbolico altrettanto forte.<br /> M. doveva convincersi che il 45enne rappresentasse il motivo della sua sofferenza.<br />
Se questa tesi fosse stata demolita (come ho provato a fare dai primi
incontri), allora avrebbe dovuto ammettere che ciò che la faceva sentire
diversa dalle altre, in realtà è l’aver subìto un abuso da parte di suo
padre. E questo è un pensiero talmente angoscioso e inaccettabile che
la sua coscienza lo ha rifiutato fino a negarlo e a rimuoverlo (e ha
spinto M. a disfarsi dello psicologo).<br /> <br /> Avendo preso contatto
con i pensieri e i contenuti emotivi rimossi, il partner ha perso agli
occhi di M. la sua funzione simbolica e con essa è venuta meno anche
l’incapacità di separarsene.<br /> <br /> M. ha lasciato l’uomo (vittima
inconsapevole della storia di M.) e, dopo un periodo di solitudine, ha
iniziato a frequentarsi con un suo coetaneo.<br /> Si tratta di un ragazzo conosciuto al corso di laurea in giurisprudenza che ha da poco iniziato a frequentare.<br /> M. non sa se vorrà fare l’avvocato o intraprendere la carriera diplomatica, ma è carica di entusiasmo e aspettative.<br /> Ha iniziato a lavorare per contribuire alle spese universitarie e per concedersi qualche regalo.<br />
Ha in programma uno stage all’estero e si sente come se fosse nata
adesso: un bambino alla scoperta del mondo e delle sue potenzialità.<br /> <br /> I sintomi che presentava al momento del primo contatto con lo psicologo sono spariti completamente.<br /> <br /> Ad oggi M. può considerarsi una persona in salute.</span></span>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
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</tbody></table>
Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-90862750064289089162014-04-15T11:58:00.000+02:002016-09-28T23:58:11.462+02:00Mi richiamerà?<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH9C8U03NhCl2dV2rP8G5SlxpBYb13xTKFrrgCpRCGf1YL2NeTn5RR3IlUDhILFk8G8659BXIWLoiZWtO8rhZB4X458SGC2NwhC6J91ZYLfeJfmP23BRwOB-OWhE_WPxLEuyTqDJnYQ4k/s1600/Mi+richiamer%C3%A0+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH9C8U03NhCl2dV2rP8G5SlxpBYb13xTKFrrgCpRCGf1YL2NeTn5RR3IlUDhILFk8G8659BXIWLoiZWtO8rhZB4X458SGC2NwhC6J91ZYLfeJfmP23BRwOB-OWhE_WPxLEuyTqDJnYQ4k/s320/Mi+richiamer%C3%A0+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">“Dottore, ora che le ho raccontato la storia di questa mia relazione travagliata, mi dica, lui tornerà? Mi richiamerà?”<a name='more'></a><br /> <br />
Il più delle volte a pormi queste domande sono donne e ragazze che sono
state sedotte e abbandonate dal partner o dal proprio corteggiatore.<br /> <br /> E il più delle volte la mia risposta provocatoria è: “Beh, questo dovrebbe chiederlo ad un cartomante!”. <br /> <br /> A tutti piace<span class="text_exposed_show">
essere corteggiati. A tutti piace avere qualcuno di speciale nella
propria vita e sentirsi speciali a loro volta per qualcuno. A tutti
piace essere protagonisti di una storia d’amore.<br /> E’ la ricerca stessa di questo piacere, però, che spesso ci impedisce di restare in contatto con gli elementi di realtà del <br /> contesto.<br /> <br />
Anche quando ci troviamo di fronte a delle situazioni palesemente
asimmetriche e sbilanciate sul piano del potere e della comunicazione,
dove è evidente che uno dei due all’interno della coppia ha sempre
dettato i tempi e le regole, calpestando o semplicemente ignorando i
bisogni e le richieste dell’altro, si assiste a delle vere e proprie
distorsioni percettive e cognitive (“lui ha detto che a me ci tiene
davvero, che non ha mai incontrato una speciale come me nella sua vita”)
e alla messa in atto di <b>meccanismi di difesa</b> quali:<br /> <u>negazione</u> (</span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show">“</span></span></span>si è fidanzato con un’altra ma non la ama</span></span></span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show"><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}"><span class="text_exposed_show">”</span></span></span>);<br />
<u>razionalizzazione</u> (“ieri l’ho visto passare e quando si è accorto che
lo stavo guardando ha abbassato la testa. Secondo me perché si è
vergognato e si è reso conto di aver fatto un errore a lasciarmi,
altrimenti perché avrebbe abbassato la testa? Avrebbe dovuto restare a
testa alta, no?”)<br /> e <u>proiezione</u> (“Di lui non mi importa niente, ho
deciso di guardare avanti, è lui che mi segue e mi controlla, anche
perché le mie amiche mi hanno riferito che la ragazza che frequenta
adesso è una poco di buono e litigano spesso e, ogni volta che mi loggo
su Facebook, lo vedo online fino a tardi perché vuole vedere se sono
connessa. Ma, dico io, se hai deciso di voltare pagina, che ci stai a
fare fino a tardi su Facebook a controllarmi?”).<br /> <br /> Il tutto condito dalla domanda conclusiva: “Lei che dice, dottore?”<br /> <br /> La domanda è chiara: è una pretesa che non ammette sconferma.<br /> <br />
La risposta che tutte vorrebbero sentirsi dare da uno psicologo, con
tanto di legittimazione scientifica, è: “Signorina, Lei ha pienamente
ragione, l’uomo in questione è uno stronzo. Ma non si è comportato male
per cattiveria: probabilmente era semplicemente confuso o immaturo per
tenere testa ad una donna con le sue qualità. Ma vedrà che quanto prima
si ricrederà, tornerà sui suoi passi e le chiederà perdono in ginocchio,
promettendole amore eterno. E Lei, siccome è straordinariamente buona,
lo perdonerà e vivrete per sempre felici e contenti”. <br /> <br /> La
realtà è che in alcuni casi è difficile rendersi conto di quando una
storia d’amore finisce o peggio ancora non è mai iniziata. Senza questa
presa di coscienza non può avere avvio il processo di elaborazione del
lutto, peraltro faticoso e dall’esito affatto scontato, necessario per
tornare padroni di sé stessi e liberi di scegliere.<br /> <br /> Si è
proposto l’esempio in cui la “vittima” è la donna, ma in realtà è un
discorso che vale per entrambi i sessi e per ogni tipo di relazione.<br />
Ed è un discorso che deve partire dall’inizio, ossia dalle fasi di
conoscenza e innamoramento, caratterizzate, come sappiamo, da una forte
componente ideale.<br /> <br /> La “visione romantica” che “l’amore vince
su tutto” è una delle spiegazioni più pericolose (per la salute
personale e di coppia) che ci ripetiamo di fronte alla paura di
affrontare l’eventualità che le cose in realtà non stiano andando come
vorremmo. E’ una giustificazione rispetto al nostro immobilismo. E’ una
risposta fittizia ai nostri bisogni insoddisfatti.<br /> <br /> Spesso non
si interviene per paura di “rovinare la magia”, come se il formulare una
richiesta o il manifestare un’esigenza, siano degli elementi stonati
rispetto al perfetto quadro illusorio della relazione idealizzata.<br /> <br />
Spesso non ci si esprime per la paura di perdere l’altro, e quando
questo accade, non ci si capacita di come sia stato possibile,
nonostante tutti i sacrifici autoimposti. (“Eppure ho fatto tutto quello
che mi ha chiesto!”)<br /> <br /> Più si negano gli aspetti disfunzionali di
una relazione di coppia, più si rafforza il reiterarsi delle stesse
dinamiche. Fino a quando, di fronte all’evento critico del rifiuto, si è
ormai in grado di reagire con la sola ricerca di una risposta
consolatoria. Consolazione che evidentemente, in questi termini, non
potrà mai arrivare.<br /> <br /> Stare bene insieme non può essere una
romantica pretesa, ma un obiettivo che richiede impegno e lavoro,
caratterizzato da più fasi e più fattori, e che non sempre è possibile
raggiungere. Esiste infatti anche l’eventualità che due persone
possano giungere alla serena consapevolezza di non essere compatibili,
e, in quel caso, sarebbe comunque un successo per entrambi.<br /> <br /> Il
rapporto di coppia non è qualcosa di dato ma va costruito, e ogni
conflitto, per definizione, ha una soluzione. Il problema, semmai è che
il processo può essere faticoso e la soluzione può non piacere.<br /> <br />
Risulta infatti molto più comodo e deresponsabilizzante ripetere a sé
stessi: “Mah, alla fine io credo che se due persone si amano veramente,
tutti questi problemi non dovrebbero nemmeno esserci!”</span></span>.
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<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
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<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
<a href="http://www.studioclinico.it/p/prenota.html"><span style="color: white;">Prenota una consulenza</span></a></span></div>
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3986039436097671122.post-54096369989548477402014-04-14T17:54:00.000+02:002016-09-28T23:58:41.809+02:00E' troppo giovane!<table align="”center”" style="width: 100%;">
<tbody>
<tr>
<td align="justify" bgcolor="#000022" bordercolor="#FFFFFF" style="border-bottom-width: 1px; border-left-style: solid; border-left-width: 1px; border-right-style: solid; border-right-width: 1px; border-top-width: 1px; margin-left: 5; margin-right: 5; padding-bottom: 0; padding-left: 5px; padding-right: 5px; padding-top: 0;" valign="top" width="100%">
<dl style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-McmgZ1pcs7RvwcHdjrKHlvSCAjWogNC0_E1WFWqzWJZyO7VZLaEQYn40suGG5Hj-WmVWfPMj1j_g0JlThx0DWaNOeGIO6BMo3IJqdtatLv45DKsASjFF6sz8y8YmD58x0IpTRQLEHIA/s1600/E'+troppo+giovane+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-McmgZ1pcs7RvwcHdjrKHlvSCAjWogNC0_E1WFWqzWJZyO7VZLaEQYn40suGG5Hj-WmVWfPMj1j_g0JlThx0DWaNOeGIO6BMo3IJqdtatLv45DKsASjFF6sz8y8YmD58x0IpTRQLEHIA/s320/E'+troppo+giovane+-+riccardo+cicchetti+-+psicologo+roma+avezzano.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
<dt><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
</span><span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;"><span class="userContent" data-ft="{"tn":"K"}">“Dottore, se avessi saputo che era così giovane, non sarei nemmeno venuta!” esordisce la signora all’ingresso del mio studio.<br /> <br />
Eppure mi aveva contattato tramite il mio sito web, dove ci sono tutte
le informazioni sulla mia persona con tanto di foto e curriculum vitae.
Per non parlare del fatto che, per fissare l’appuntamento, ci eravamo
sentiti per telefono.<br /> <br /> Rispondo con una <span class="text_exposed_show">battuta
e la faccio accomodare. Ma la musica non cambia: continua la sua
campagna denigratoria nei miei confronti facendomi domande sulla mia
preparazione e il mio lavoro e ridendo in faccia ad ogni mio tentativo
di risposta.<br /> Le faccio notare che non ci troviamo in un contesto
giudicante e che lo scopo dell’incontro è quello di esplorare i motivi
che l’hanno spinta a venire da me.<br /> “Io non ho nessun problema, non
sono mica matta, che crede! Sono venuta solo per curiosità, anche se
dubito che lei possa aiutarmi… Quanto può saperne un ragazzo come lei
dei veri problemi della vita?”<br /> “Allora potrebbe provare a parlarmene per vedere insieme cosa riusciamo a fare” le propongo.<br /> Ma lei continua a dire di non avere problemi , aggiungendo che forse non era stata una buona idea quella di venire da me.<br /> <br />
Non voglio confermare questa sua rappresentazione, ma non intendo
nemmeno continuare un braccio di ferro per un’ora; tanto più ho la
sensazione che si possa alzare dalla sedia da un momento all’altro per
raggiungere l’uscita.<br /> <br /> Così decido di sfruttare l’unico
spiraglio di confronto concessomi e, seppur consapevole degli scarsi
elementi a supporto della mia ipotesi, le porgo una domanda diretta: <br /> “Ha mai subito violenza da parte di qualcuno?”<br />
La signora cambia di colpo espressione. Resta in silenzio fissandomi
con lo sguardo incredulo. Poi inizia a piangere e non si ferma più.<br /> <br />
La sua storia era caratterizzata da episodi violenti familiari agiti da
figure maschili e da un matrimonio, ancora in corso, connotato da
costanti umiliazioni subite da parte del marito, anche in presenza di
figli, parenti e amici.<br /> Nell’attaccare costantemente la mia figura,
giudicandola “troppo giovane” e “non adatta”, la donna non faceva altro
che comunicarmi indirettamente il suo disagio. Attraverso tale modalità
relazionale veniva messo in atto il tentativo di svincolarsi dal ruolo
di “incapace”, a cui era stata relegata con forza negli anni,
proiettandolo su di me.<br /> <br /> La non collusione con questa fantasia
relazionale prevalente e l’offerta di uno spazio di ascolto e di
confronto non giudicante, hanno permesso l’avvio di un processo
condiviso di riconoscimento e superamento della dinamica di potere, che
investiva le relazioni con le persone più significative del passato e
del presente.<br /> <br /> Il conseguente e crescente ampliamento di
orizzonti, ha permesso l’individuazione e la sperimentazione di nuovi
schemi relazionali a partire dalla riformulazione dei copioni familiari.<br /> <br />
Col passare del tempo la donna ha scoperto risorse che non credeva
nemmeno di avere, perché troppo a lungo inibite e atrofizzate entro
schemi rigidi e giudicanti, che stroncavano sul nascere ogni tentativo
di espressione di sé.<br /> <br /> Non è importante in questa sede elencare
le ricadute operative che i progressi ottenuti hanno avuto sulla qualità
della sua vita. Basterà sottolineare l’importanza del recupero di una
delle funzioni più importanti per l’essere umano: la possibilità di
scegliere.<br /> <br /> Così come è opportuno considerare che anche la più
provocatoria delle richieste può veicolare una domanda di aiuto, che
tuttavia non è sempre facile riconoscere ed accettare consapevolmente.</span></span>
</span></dt>
</div>
</dl>
<br />
<div>
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt;">
<i>Dottor Riccardo Cicchetti</i></span></div>
<br />
<div align="center">
<span style="color: white; font-family: "verdana"; font-size: 9pt; text-decoration: underline;">
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Dr Riccardo Cicchettihttp://www.blogger.com/profile/08169001553926913738noreply@blogger.com