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Perché un'immagine può fare tanta impressione?




F.: “Chiedo scusa per la richiesta d’aiuto un po’ inusuale . Ho visto nel pomeriggio un fotomontaggio (poi è stato dichiarato tale) nel quale c’era un enorme eruzione cutanea sul collo di una persona. In pratica era una “bufala”, trattandosi di un fiore di loto messo sulla pelle della persona. Ora io sono una persona abbastanza controllata, ma non riesco a togliermela dalla mente. Ho letto i commenti del post della foto e non dico la maggioranza, ma quasi tutti hanno avuto un turbamento emotivo. Come posso allontanare dalla mente quell’immagine (per favore)? Poi com’è possibile che solo una foto possa turbare la mente di tante persone? Grazie. Le consiglio di non guardarla!”


Gentile F., conosco l’immagine a cui fa riferimento. Si tratta di uno dei tanti link diffusi in rete che conducono a siti contenenti dei malware e che, pertanto, le suggerisco di non cliccare.

Recentemente lo stesso fotomontaggio è stato applicato all’immagine di una donna che presentava il finto sfogo (in realtà si tratta sempre dello stesso baccello di fiore di loto) in prossimità di un’ascella.
Lo scopo di tali immagini è proprio quello di colpire l’attenzione di chi si ritrova per caso a guardarle.

Si tratta di una estremizzazione di uno dei concetti alla base del marketing: ogni persona ha delle motivazioni (desideri, paure, bisogni) e la pubblicità, per essere efficace, deve far leva su quelle motivazioni.

Ad esempio le pubblicità dei profumi stimolano il desiderio di seduzione e di successo con l’altro sesso. In questo caso, l’immagine fa leva su una paura, forse una delle più profonde e radicate nell’inconscio collettivo, soprattutto per quanto riguarda le donne: la perdita della propria integrità fisica.

E’ possibile rintracciare più fattori di paura nella stessa immagine.

Paura di perdita della salute: la malattia può colpire chiunque, a qualunque età e può condurre alla morte. Un’immagine con un riferimento di questo tipo può turbare le personalità ipocondriache.

Paura della contaminazione: un corpo estraneo, un altro essere vivente, un parassita si insinua nel nostro corpo contro la nostra volontà. Ci sentiamo violentati e impotenti. La sola idea che una cosa del genere possa capitare a noi può trasformarsi in un pensiero dominante, un’ossessione, che spinge a mettere in atto rituali e comportamenti compulsivi, come lavarsi continuamente le mani, grattarsi, esaminarsi.

Paura del danno estetico: il pensiero di una bellezza rovinata, che non tornerà mai più come prima, produce un profondo senso di angoscia, soprattutto nelle persone che hanno difficoltà a separarsi da oggetti (tendono a conservare tutto) e ad elaborare il lutto; ma anche in chi è semplicemente insicuro sul proprio aspetto fisico.

Paura della trasformazione del corpo: la “metamorfosi” è un concetto molto diffuso in Letteratura, che ha ispirato il campo dell’arte (Kafka) e del cinema (Cronenberg).
In psicologia l’adolescenza viene considerata come il periodo più critico nella vita di un individuo, proprio perché caratterizzata da evidenti trasformazioni del corpo e della personalità. L’esposizione ad immagini che trattano questo tema, può rievocare i vissuti angosciosi adolescenziali.

Paura di insuccesso sociale: chi non si sente sano e “perfetto” come gli altri, vive nella paura di essere emarginato. Tenderà a comportarsi come se avesse qualcosa da nascondere e nutrirà il sospetto che gli altri, guardandolo, possano accorgersi dei sui difetti. Tenderà ad essere schivo e l’isolamento alimenterà ulteriormente la sensazione di insuccesso sociale.

Paura dell’effetto “fenomeno da baraccone”: data la rarità e la spettacolarità dell’evento, si parlerà diffusamente della persona che ne è stata affetta. Tale sventurato, non solo non troverà conforto negli altri, ma finirà per trasformarsi nell’oggetto stesso delle loro paure. Non avranno paura solo della disgrazia che gli è capitata, ma avranno paura di lui.


Quelli appena elencati sono dei fattori generici. Va considerato che ogni individuo ha la sua storia e la sua personalità.

Se lo stesso stimolo (in questo caso, lo stimolo visivo rappresentato da un’immagine) produce un effetto diverso sulle persone, è perché ognuno di noi investe di un significato emotivo diverso ciò che vede. Particolari periodi della vita, eventi specifici, traumi, persone importanti, possono essere evocati da stimoli diversi e far riaffiorare conflitti irrisolti.

 
COME REAGIRE?

Conoscere lo stimolo

L’informazione conduce al disvelamento.
E’ la più semplice delle soluzioni, la più immediata e, spesso, la più efficace.
“La gente ha paura di ciò che non riesce a capire” (The Elephant Man).

Reperire informazioni sullo stimolo, familiarizzare con esso, può squarciare il velo della paura. Ad esempio i  bambini smettono di avere paura dei mostri quando comprendono che sono frutto della propria immaginazione.

In questo caso, sapere che l’immagine rappresenta una situazione inventata ad arte (realizzata peraltro in modo grossolano), dovrebbe essere sufficiente a far svanire la paura di ritrovarsi nella stessa situazione.

Conoscere sé stessi

Se conoscere lo stimolo può aiutare a neutralizzare il suo effetto turbante, conoscere sé stessi è la soluzione per imparare a gestire le proprie reazioni (pensieri intrusivi, gesti compulsivi, insonnia, incubi, angoscia…)

Ad esempio, tra i fattori di paura sopra elencati, si potrebbe individuare quello  più vicino alla propria personalità e porsi una semplice domanda: “Cosa sto facendo per migliorare la mia situazione?”

Osservare i propri comportamenti e distinguere quelli volti a trovare una soluzione da quelli che non fanno altro che alimentare il disagio (“E’ meglio accendere una candela piuttosto che lamentarsi dell’oscurità”)

Bisogna ricordare che per ogni problema esiste sempre una soluzione.


Se l’ansia e l’angoscia persistono, allora vuol dire che hanno un significato simbolico radicato nei luoghi più profondi della persona,  che andrebbero esplorati con l’aiuto di un esperto.
 

Dottor Riccardo Cicchetti

Articolo pubblicato su L'AquilaOggi.