Psicologo Roma Avezzano. Servizio di consulenza psicologica presso gli studi di Roma e Avezzano. Psicologo prenestina, psicologo centocelle, psicologo villa gordiani, psicologo casilina, psicologo roma est, psicologo porta maggiore, psicologo termini
Visualizzazione post con etichetta ansia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ansia. Mostra tutti i post

La scuola della vita


Il mio vecchio professore di Tecniche del Colloquio Psicologico, durante una lezione, ci pose una domanda insolita:

- Se uno psicologo sta al bar, che fa? -

Le risposte furono tutte orientate alle tecniche da poco apprese:

- Interpreta il linguaggio non verbale del barista! -
- Analizza le dinamiche di gruppo dei clienti! -
- Controlla i movimenti oculari del barista per sapere se sta mentendo! -
- La postura! Controlla la sua postura! -
- Analizza il setting: l’arredamento, l’illuminazione, la musica! -
- Cerca di valutare la soddisfazione dei clienti per capire se il bar è di qualità! -
- Studia le coppie sedute al tavolino! -
- Cerca di capire chi è depresso! -
- Vede se qualcuno soffre di attacchi di panico! -

La risposta, a quel tempo, fu piuttosto deludente:

Sai cos'è la Nomofobia?









Vi è mai capitato di uscire con qualcuno, a cena o per un aperitivo, e di essere costretti ad un imbarazzante silenzio mentre questi è impegnato ad armeggiare col suo smartphone?

Da uno studio condotto in Gran Bretagna è emerso che oltre la metà degli utenti di telefonia mobile tende a manifestare stati d’ansia quando è impossibilitato ad utilizzare il proprio cellulare.

Composto dal prefisso abbreviato “no-mobile” e dal suffisso “fobia”, il temine “Nomofobia” si riferisce alla paura di rimanere fuori dalla connessione di reti mobili.

Come affrontare la Paralisi del Sonno




Vi siete svegliati improvvisamente nel letto e non riuscivate a muovervi?
Avete avuto la sensazione che ci fosse una presenza estranea che esercitava una pressione sul vostro petto impedendovi di respirare o vi afferrava braccia e gambe immobilizzandovi?
Avete mai sentito dei rumori nella stanza o, peggio ancora, una voce che vi sussurrava qualcosa nell’orecchio?
Niente paura! Avete solo sperimentato una “Paralisi del Sonno

"Qualcuno vuole farmi del male!" - La storia di Andrea


 

Andrea è un giovane studente universitario di poco più di vent’anni, che mi contatta a causa di una sopraggiunta totale inibizione nello studio, accompagnata da intense angosce persecutorie. Teme di poter subire aggressioni violente: verbali e non verbali.

Studente fuorisede, condivide l’appartamento con altri ragazzi. Soprattutto quando si ritrova solo in casa, teme che qualcuno possa entrare dalle finestre o dalla porta per aggredirlo.
A volte questo pensiero diventa talmente persecutorio che lo costringe a chiudersi in camera, rannicchiato sul letto con la coperta fin sopra la testa.

Perché un'immagine può fare tanta impressione?




F.: “Chiedo scusa per la richiesta d’aiuto un po’ inusuale . Ho visto nel pomeriggio un fotomontaggio (poi è stato dichiarato tale) nel quale c’era un enorme eruzione cutanea sul collo di una persona. In pratica era una “bufala”, trattandosi di un fiore di loto messo sulla pelle della persona. Ora io sono una persona abbastanza controllata, ma non riesco a togliermela dalla mente. Ho letto i commenti del post della foto e non dico la maggioranza, ma quasi tutti hanno avuto un turbamento emotivo. Come posso allontanare dalla mente quell’immagine (per favore)? Poi com’è possibile che solo una foto possa turbare la mente di tante persone? Grazie.

Mi sono bloccata con gli esami! La prego, mi aiuti!




E’ questo il testo riportato nel modulo di contatto del mio sito web con cui L mi chiede un appuntamento presso lo studio di psicologia ad Avezzano.

L è una ragazza estremamente avvenente e dall’aspetto curato in ogni minimo dettaglio.
All’inizio del colloquio assume una postura fiera e sprezzante, di chi ostenta sicurezza e vuole dimostrare che non ha nulla da temere. Tuttavia l’aspetto appare rigido e innaturale

Condannata per sempre. Il caso di M.





M. è una ragazza di 18 anni. Mi contatta perché ogni sera si ritrova seduta sul letto a piangere, con la sensazione di non riuscire a respirare e con fitte intercostali, accompagnate da un forte vissuto di inadeguatezza, veicolato da pensieri intrusivi del tipo: “Sono malata mentalmente”; “Non sarò mai normale”; “Non avrò mai una vita felice”; “Sono condannata per sempre ad avere una testa che non funziona”.
Inoltre sostiene di avere dei gravi problemi di coppia

Lo Psicologo e la cura dell' Ansia


L'obiettivo di un intervento psicologico non può essere quello di eliminare l'ansia: oltre ad essere impossibile da realizzare, sarebbe altamente disfunzionale al nostro benessere psicofisico e sociale.
Per quanto dolorosi e invalidanti possano essere i sintomi dell'ansia, lo psicologo ha il compito di aiutare la persona ad accogliere, ascoltare, leggere e interpretare tali segnali.
Ogni sintomo ha un suo significato ancorato al contesto in cui il soggetto è inserito. E’ importante recuperare l’oggetto reale delle nostre paure e ricollegarlo a situazioni, esperienze, ricordi e persone che fanno parte della nostra vita.
 
Nel caso dell’ansia è opportuno lavorare su sé stessi nella direzione di imparare a non essere pretenziosi e intransigenti. Ognuno dovrebbe vivere il proprio presente in relazione alle risorse e ai limiti personali e ambientali, che in altri termini significa fare le cose per come si è in grado di farle non per come dovrebbero essere fatte. In questo senso la sospensione dell’azione ci può regalare uno stato di pace.
La soluzione non sta nel soddisfare le proprie (e degli altri) aspettative a tutti i costi, ma nell’essere presenti e consapevoli nelle azioni che intraprendiamo.
 
Soddisfare le aspettative significa sforzarsi di voler essere un modello di “bravura” agli occhi degli altri, un punto di riferimento, una persona sulla quale poter contare, che sa sempre cosa fare. La preoccupazione dominante diventa essere in grado di accontentare tutte le richieste da parte delle persone che si amano. Assolvere a questa missione può farci perdere il contatto con i nostri veri desideri, che tendiamo a trascurare fino a non riconoscerli più, fino a considerarli come un elemento di disturbo, una minaccia per la nostra stabilità sociale e affettiva.
In realtà è proprio quando ci imponiamo di andare avanti nella stessa direzione a tutti i costi che la nostra psiche si ribella  e richiama tutta la nostra attenzione attraverso l’esplosione dei sintomi.
Dobbiamo accogliere l’ansia come un consiglio che ci viene dato dal nostro corpo che in qualche modo non vuole più sottostare a quel modello di perfezione che ogni giorno ci sforziamo di essere.
 
Recuperare un contatto con noi stessi, con i nostri limiti e le nostre imperfezioni, equivale a recuperare un rinnovato senso di realtà, di pace interiore, di autoefficacia. Significa tornare ad essere protagonisti consapevoli della nostra esistenza.
 
Non si tratta di un processo semplice da realizzare. Le maggiori difficoltà si riscontrano maggiormente nel fatto che, per quanto dolorosi e faticosi da mantenere, gli equilibri consolidati nel tempo, compresi i sintomi e i meccanismi di difesa, presentano un vantaggio secondario: ci proteggono dall’angoscia che scaturirebbe dall’idea di cambiare, di mettere in discussione l’immagine che si ha di sé stessi e degli altri. Si ha paura di restare soli, di non essere più amati e apprezzati da nessuno.
In tal modo si continuano a impiegare notevoli energie nel mantenere la propria esistenza il più possibile conforme ai valori collettivi che finiscono col diventare rappresentativi ed esaustivi della nostra intera persona, spesso in modo del tutto inconsapevole.
 
L'impressione che gli altri hanno di noi è sicuramente un elemento molto importante nella società umana, ma non dobbiamo permetterci di vivere solo per poter dimostrare di essere come gli altri si aspettano. Dobbiamo dare il giusto peso soprattutto ai nostri bisogni interiori, arricchirci di quelle soddisfazioni che magari per altri contano poco ma che per noi sono linfa vitale. Abbandoniamo l’idea di dover apparire per poter essere, svestiamoci da quella maschera sociale che giorno dopo giorno diventa sempre più pesante da indossare, diamo più spazio ai nostri desideri, prestiamo un ascolto costante ai nostri bisogni, non temiamo di metterci in gioco e poniamoci nel mondo con una nuova consapevolezza di noi stessi, pronti a nutrirla e a sostenerla entro un processo di continua riscoperta.


Ansia: definizione e significato



Sigmund Freud definiva l'ansia come un affetto dell'IO.
L'ansia è un segnale che vuole venire a contatto con la nostra consapevolezza, con la nostra coscienza, per comunicarci qualcosa che non sempre siamo in grado di decifrare spontaneamente.
 
Normalmente funziona da richiamo per la nostra attenzione, ci mette in uno stato di attivazione nelle situazioni di pericolo, acutizza i nostri sensi con la funzione naturale di aiutarci a migliorare le prestazioni e a realizzare obbiettivi a volte indispensabili per la vita stessa. Non c’è da stupirsi quindi che accompagni l'uomo dai tempi più antichi, dove un ambiente intriso di minacce richiedeva sensi acuti e prestazioni elevate per fronteggiare efficacemente situazioni di pericolo o di caccia per la sopravvivenza e l'autosostentamento.
 
Entro una certa soglia infatti l'ansia migliora le prestazioni (tanto che si parla di ansia positiva o ansia di adattamento). Quando però si supera una certa soglia ovvero il meccanismo di risposta di adattamento continua a persistere anche in assenza di esposizione a situazioni ambientali ansiogene, si parla di un’ansia patologica, caratterizzata da uno stato permanente di tensione, che compromette le capacità operative e di giudizio, facendo precipitare le prestazioni del soggetto e accompagnandosi a sensazioni di disagio e sofferenza.
 
Nel corso degli anni le civiltà si sono evolute e l'attenzione dell'uomo si è spostata dalla sopravvivenza vera e propria alla ricerca del successo personale e dell'affermazione sociale.
Ciò su cui ci si confronta e che assorbe sempre più l'impegno dell'uomo moderno è l'idea del successo legata al lavoro, al potere economico, al possesso di beni di consumo (casa, auto, abbigliamento, tecnologie domestiche, viaggi) che rischia con estrema facilità di essere estesa anche alla dimensione affettiva: famiglia, coppia, amici.
Entro quest’ottica i ritmi di vita crescono freneticamente, l'azione lascia poco spazio alla riflessione se non attraverso pensieri  standardizzati del tipo: "devo impegnarmi di più”, “sto andando bene”, “sto andando male”, “non sono sufficientemente bravo”, “sono più in bravo del mio collega”.
Quando questi diventano gli unici pensieri attorno a cui gira la nostra esistenza, ecco arrivare l'ansia, sottoforma di insinuante paura di perdere tutto. L'ansia di non farcela, di rimanere indietro, di venire tagliati fuori.
Le preoccupazioni diventano ossessioni, fantasmi, oggetti interni persecutori,  che ci invadono anche nei momenti  e nelle situazioni inaspettate, ostacolando le attività della vita quotidiana.
La comparsa dell’ansia allora rappresenta il segnale interiore che ci spinge a fermarci a riflettere sul senso delle nostre azioni, dalle quali siamo stati evidentemente sovrastati. Al di là del livello delle nostre prestazioni e dei traguardi di vita raggiunti, l'ansia svolge comunque la sua funzione determinante: mette in discussione le nostre azioni automatizzate e ci obbliga al confronto con noi stessi.
 
L'ansia nasce in conseguenza a un modello culturale (individuale e sociale) del non volersi mai fermare a riflettere, perché fermarsi è una perdita di tempo, un lusso che non possiamo concederci, perché chi si ferma è perduto, perché noi dovremmo essere sempre al posto giusto nel momento giusto e sapere sempre cosa fare. L’ansia ci ricorda che tutte queste sono solo fantasie, false strategie, agiti emozionali, che ci danno solo l’illusione di essere padroni della nostra vita ma a lungo andare ci consumano dentro e ci impediscono di vivere in una dimensione di equilibrio e benessere.
L'ansia serve a disintegrare tale illusione, a spazzarla via e a metterci in condizione di fare una pausa, tirare un lungo respiro e confrontarci con noi stessi entro un contesto riorganizzato.
Allora potremmo realizzare di condurre una vita che non sentiamo più nostra, che ci sembra sprecata; perché non siamo più in grado di recuperarne il senso, perché non ci sentiamo più utili; le nostre azioni potrebbero sembrare non più necessarie e senza una meta, senza uno scopo chiaro e condiviso dalla nostra psiche.
L'ansia è il segnale che ci stiamo sforzando di essere quello che in fondo non siamo.