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La scuola della vita


Il mio vecchio professore di Tecniche del Colloquio Psicologico, durante una lezione, ci pose una domanda insolita:

- Se uno psicologo sta al bar, che fa? -

Le risposte furono tutte orientate alle tecniche da poco apprese:

- Interpreta il linguaggio non verbale del barista! -
- Analizza le dinamiche di gruppo dei clienti! -
- Controlla i movimenti oculari del barista per sapere se sta mentendo! -
- La postura! Controlla la sua postura! -
- Analizza il setting: l’arredamento, l’illuminazione, la musica! -
- Cerca di valutare la soddisfazione dei clienti per capire se il bar è di qualità! -
- Studia le coppie sedute al tavolino! -
- Cerca di capire chi è depresso! -
- Vede se qualcuno soffre di attacchi di panico! -

La risposta, a quel tempo, fu piuttosto deludente:

Raccontarsi fa bene alla salute





E’ ormai risaputo che le esperienze traumatiche espongono gli individui ad un più alto rischio di malattia.

Nel corso degli anni diversi studi hanno evidenziato come la tendenza a non parlare delle proprie esperienze di vita più sconvolgenti possa portare ad una forma di inibizione comportamentale.

Lo Psicologo e la cura dell' Ansia


L'obiettivo di un intervento psicologico non può essere quello di eliminare l'ansia: oltre ad essere impossibile da realizzare, sarebbe altamente disfunzionale al nostro benessere psicofisico e sociale.
Per quanto dolorosi e invalidanti possano essere i sintomi dell'ansia, lo psicologo ha il compito di aiutare la persona ad accogliere, ascoltare, leggere e interpretare tali segnali.
Ogni sintomo ha un suo significato ancorato al contesto in cui il soggetto è inserito. E’ importante recuperare l’oggetto reale delle nostre paure e ricollegarlo a situazioni, esperienze, ricordi e persone che fanno parte della nostra vita.
 
Nel caso dell’ansia è opportuno lavorare su sé stessi nella direzione di imparare a non essere pretenziosi e intransigenti. Ognuno dovrebbe vivere il proprio presente in relazione alle risorse e ai limiti personali e ambientali, che in altri termini significa fare le cose per come si è in grado di farle non per come dovrebbero essere fatte. In questo senso la sospensione dell’azione ci può regalare uno stato di pace.
La soluzione non sta nel soddisfare le proprie (e degli altri) aspettative a tutti i costi, ma nell’essere presenti e consapevoli nelle azioni che intraprendiamo.
 
Soddisfare le aspettative significa sforzarsi di voler essere un modello di “bravura” agli occhi degli altri, un punto di riferimento, una persona sulla quale poter contare, che sa sempre cosa fare. La preoccupazione dominante diventa essere in grado di accontentare tutte le richieste da parte delle persone che si amano. Assolvere a questa missione può farci perdere il contatto con i nostri veri desideri, che tendiamo a trascurare fino a non riconoscerli più, fino a considerarli come un elemento di disturbo, una minaccia per la nostra stabilità sociale e affettiva.
In realtà è proprio quando ci imponiamo di andare avanti nella stessa direzione a tutti i costi che la nostra psiche si ribella  e richiama tutta la nostra attenzione attraverso l’esplosione dei sintomi.
Dobbiamo accogliere l’ansia come un consiglio che ci viene dato dal nostro corpo che in qualche modo non vuole più sottostare a quel modello di perfezione che ogni giorno ci sforziamo di essere.
 
Recuperare un contatto con noi stessi, con i nostri limiti e le nostre imperfezioni, equivale a recuperare un rinnovato senso di realtà, di pace interiore, di autoefficacia. Significa tornare ad essere protagonisti consapevoli della nostra esistenza.
 
Non si tratta di un processo semplice da realizzare. Le maggiori difficoltà si riscontrano maggiormente nel fatto che, per quanto dolorosi e faticosi da mantenere, gli equilibri consolidati nel tempo, compresi i sintomi e i meccanismi di difesa, presentano un vantaggio secondario: ci proteggono dall’angoscia che scaturirebbe dall’idea di cambiare, di mettere in discussione l’immagine che si ha di sé stessi e degli altri. Si ha paura di restare soli, di non essere più amati e apprezzati da nessuno.
In tal modo si continuano a impiegare notevoli energie nel mantenere la propria esistenza il più possibile conforme ai valori collettivi che finiscono col diventare rappresentativi ed esaustivi della nostra intera persona, spesso in modo del tutto inconsapevole.
 
L'impressione che gli altri hanno di noi è sicuramente un elemento molto importante nella società umana, ma non dobbiamo permetterci di vivere solo per poter dimostrare di essere come gli altri si aspettano. Dobbiamo dare il giusto peso soprattutto ai nostri bisogni interiori, arricchirci di quelle soddisfazioni che magari per altri contano poco ma che per noi sono linfa vitale. Abbandoniamo l’idea di dover apparire per poter essere, svestiamoci da quella maschera sociale che giorno dopo giorno diventa sempre più pesante da indossare, diamo più spazio ai nostri desideri, prestiamo un ascolto costante ai nostri bisogni, non temiamo di metterci in gioco e poniamoci nel mondo con una nuova consapevolezza di noi stessi, pronti a nutrirla e a sostenerla entro un processo di continua riscoperta.